
I caroselli in centro dopo la vittoria del Napoli che conquista lo scudetto In alto: don Alvaro e Antonio Conte
Tifa Inter da quando non aveva neanche la tonaca da parroco ma oggi fa festa per il Napoli. Un marziano? Un po’ forse sì, ma di fede: è don Alvaro Bardelli, una delle grandi anime della chiesa aretina. Che ieri mattina si è svegliato dopo aver smaltito l’amaro in bocca per lo scudetto perduto e per prima cosa (dopo le preghiere di rito, naturalmente) ha spedito un telegramma ad Antonio Conte. "Congratulazioni". Conte è proprio lui e non un omonimo: il trionfatore della notte al Maradona, il nome che per ore è stato gridato con entusiasmo dai tifosi azzurri. A Napoli ma anche ad Arezzo. La bufera azzurra ha stretto d’assedio il centro, esattamente come due anni fa. E come due anni fa la città si è trasformata in un piccolo Vesuvio: i cori ritmati, i fumogeni, le bandiere a sventolare da tutte le auto di passaggio. E poi il blocco tradizionale di qualunque festa calcistica: tra piazza Guido Monaco e via Roma.
Qualcuno stralunato nel ritrovarsi nel pieno di un delirio di quel tipo ma tutti gli altri felici, giustamente felici. Immancabile secondo la migliore tradizione partenopea, lo spettacolo dei fuochi artificiali che ha unito idealmente la città alle vallate della provincia. Il cielo di Foiano, ad esempio, si è illuminato con i giochi di luce e i colori dei fuochi: una festa che ha acceso il cuore della notte.
I bambini sulle spalle di papà, le fidanzate per mano, i cellulari puntati con golosità sopra la teste dei tifosi, per riprendere i primi istanti della "storia". "Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi".
I semafori, meno intelligenti di quanto si immagini, continuano stolidamente a cambiare di colore: verde, giallo, rosso. Ma nessun colore è buono, se non uno, l’azzurro: gli altri in questo finale di campionato girano a vuoto. Non si cammina a piedi e non si procede in macchina, perché tutto è bloccato a prescindere. A quell’ora forse don Alvaro dormiva, anche se con un sonno agitato da buon nerazzurro. Ma di prima mattina recupera lucidità e affetto.
"Pur essendo un interista sono contento di questa festa della città, dei tifosi napoletani, è una cosa bella vedere tanto entusiasmo". Quasi una dichiarazione da Samaritano, sia pur del pallone. "E sono molto contento per il mio amico Conte ma anche per Elivis Abbruscato che fa parte del suo staff tecnico ed è stato uno dei protagonisti dell’Arezzo calcio, si è sposato qui in Comune. Ho mandato a Conte e a lui un messaggio con le mie congratulazioni".
Il tecnico e il bomber, uniti nel ricordo e nel telegramma di don Alvaro. Che certo con il tecnico ha un legame particolare. "Mi fa piacere vedere la gioia di Conte, degli amici e di un popolo intero per questo traguardo raggiunto. Sono un interista ma in questo caso, non deluso".
Neanche un mese fa, malgrado i fumi dello sprint, proprio Conte era andato a trovarlo, come fa spesso: lui aveva celebrato a Torino il matrimonio nel 2013 e sempre lui aveva battezzato Vittoria, la figlia. Un legame più forte del tifo, anche se sempre dichiarato. Perfino il giorno del matrimonio, durante l’omelia all’allenatore e alla sua Elisabetta. "Sono dell’Inter ma vi benedico lo stesso". E coerente lo ha fatto ieri, mentre la sua Inter si leccava le ferite e il centro di Arezzo si vestiva da Mergellina.