Truffa, bancarotta e consulenze d'oro: Banca Etruria, il settembre caldo

In poche settimane entreranno nel vivo i filoni giudizari del caso: e intanto il caso torna nazionale trascinato dalla battaglia politica

I Pm lasciano l'aula di giustizia

I Pm lasciano l'aula di giustizia

Arezzo, 22 agosto 2019 - E’ toornata d’improvviso come il Barbiere di Siviglia di Rossini: tutti la cercano, tutti la vogliono. Parliamo ovviamente di Banca Etruria, l’affaire che rimbalza da un lato all’altro del parlamento e del mondo politico. Matteo Renzi la sottintende quando si dice pronto a sfidare la Lega nel collegio di Arezzo, l’altro Matteo (Salvini) la cita esplicitamente rinfacciando ai Cinque Stelle di voler fare il governo con quelli del caso Etruria, Maria Elena Boschi, figlia dell’ex vicepresidente Pierluigi e per questo investita da una tempesta mediatica durata anni, la sfiora quando ribadisce che lei, come il suo capo, non entrerà in un eventuale governo giallorosso.

Una lunga estate calda per un settembre che sulle inchieste Bpel sarà particolarmente rovente. Si comincia il 12 con l’ultimo atto del processo sulla truffa (presunta) delle subordinate. Il giudice Angela Avila si appresta a chiudere la parentesi dei sei mesi di applicazione al Gip, con conseguente rinvio del verdetto deciso dal presidente del tribunale Clelia Galantino (va in pensione il 1 settembre) e potrebbe essere subito il giorno della sentenza.

In ballo c’e la sorte di un manipolo di direttori di filiale e impiegati, accusati di eccessiva disinvoltura nel collocamento dei bond, ma soprattutto quella dei cinque dirigenti (ora in forza a Ubi) cui viene contestata l’istigazione, cioè di aver incitato i sottoposti a piazzare quanti più bond possibili, senza guardare troppo per il sottile. L’andamento del processo è stato tuttavia contraddittorio e non è affatto detto che arrivi la condanna per tutti, come richiesto dal Pm Julia Maggiore.

Il 20, invece, entra nel vivo il processone per la bancarotta, in cui sono sul banco degli imputati i supervip di Etruria: un presidente, Lorenzo Rosi, due vicepresidenti, Giorgio Guerrini e Giovanni Inghirami, più sindaci, consiglieri e dirigenti. Mancano soltanto i quattro, l’ex presidente Giuseppe Fornasari, l’ex dg Luca Bronchi, l’ex vice Alfredo Berni e l’ex cda Rossano Soldini, già condannati col rito abbreviato.

Si parte subito col botto: il pool dei Pm chiama infatti a testimoniare il liquidatore Giuseppe Santoni, la cui relazione sullo stato di insolvenza è stato il vademecum delle indagini. Ma mica finisce lì. Sempre a settembre la procura deve decidere sull’eventuale richiesta di rinvio a giudizio per le consulenze d’oro. Nel mirino ci sono, oltre ai soliti, coloro che parevano essere sfuggiti alla maledizione delle indagini: i 7 nuovi dell’ultimo Cda e Pierluigi Boschi, che nuovo non era ma era sempre sfuggito alla tagliola. L’ipotesi di reato è bancarotta semplice, una bazzecola, ma è comunque una brutta gatta da pelare.