
Disinfezione all'interno di una chiesa (Ansa, foto di repertorio)
Arezzo, 8 maggio 2020 - Il termoscanner della fede: no, non misura la temperatura della devozione, che pure dopo due mesi di astinenza dovrebbe essere altina. Ma solo la febbre all’ingresso delle chiese. Per ora di una: la piccola Santa Croce, il cui parroco don Alessandro Nelli, sapendo di dover giostrare su spazi ristretti, ha giocato d’anticipo. «Siamo già dotati di termoscanner, lo useremo».
Nel protocollo che ieri ha dato il bentornato alle Messe la misurazione della febbre non c’è. C’è una spartana raccomandazione di non entrare dal 37,5 in su. La classica mossa che scontenta tutti. Perchè chi è rigido la prende come una non regola, chi è morbido si chiede perché la gente venga considerata pazza. Ma a Santa Croce il termometro è pronto. Non solo: hanno anche fatto calcolare ad un geometra i posti interni: 34.
Rimanendo ad una distanza di 1,80 metri, 30 centimetri più del protocollo. Con divisioni delle porte: una per entrare, quella della sacrestia per uscire. E l’opzione pronta di celebrare all’aperto, nei giardini lungo via Bartolomeo di Ser Gorello. La chiesa brinda, magari a vin santo, al ritorno delle Messe: e aggiusta il tiro. La parola definitiva la dirà oggi il Vescovo Riccardo Fontana, dopo l’incontro skype con i colleghi di tutta la Toscana.
Ma intanto i suoi parroci non stanno fermi e disegnano possibili scenari. Perfino don Alvaro Bardelli in Cattedrale ha cominciato a prendere le misure. «Nelle panche almeno 60 posti a sedere, nelle navate altre decine». A occhio saranno di più e non sarà sicuramente lui a bloccare i fedeli.
«Come fai a rimandarli indietro? Allora tanto vale celebrare fuori». Ad esempio nel sagrato, che è grande e grosso. Santuari e monasteri non stanno a guardare. La Verna era già pronta ad un più sobrio termometro digitale ma ora spera di farne a meno. Oggi la riunione con la sicurezza per delimitare i posti: ma i farti non escludono la Messa faccia a faccia con la natura, sul Quadrante più famoso del mondo.
A Camaldoli stanno valutando le varie ipotesi. La più gettonata è aprire il portone della chiesa: il chiostro è già dotato di amplificazione,la «navata» si allargherebbe a diversi fedeli. In città don Giovanni Ferrari da piazza Giotto freme per ritrovare la sua gente. «Calcoleremo esattamente gli spazi ma apriremo anche il portone centrale«. E non esclude, anzi accarezza, l’idea di celebrare fuori, lui in cima agli scalini e i fedeli in piazza. Alle porte volontari pronti a dare indicazioni. «Gli scout sono già pronti».
Certo, le regole sono mille: dallo stop ai cori alla comunione distribuita con mani igienizzate e guanti monouso. Da Camaldoli, attenta ai dettagli, rimbalza un’idea: se la classica frase «Il corpo di Cristo» la dici dall’altare per tutti, non avresti bisogno neanche della mascherina alla comunione.
Di certo la chiesa rispetta la scienza ma non dimentica la propria autonomia. «Entro sabato entreremo nei dettagli» promette il vicario generale don Fabrizio Vantini. Alle porte cartelli con le notizie utili: ma dopo due mesi leggereste i cartelli o salutereste il «padrone» di casa?
Dopo ogni Messa sotto con la sanificazione, fino alle ampolline. La spesa, pensate ad esempio alla Cattedrale, rischia di essere altissima. Criteri? «Beh, intanto rispettiamo i dieci comandamenti» risponde un po’ sornione don Alvaro. Sull’undicesimo, la misurazione della febbre, si stanno organizzando