REDAZIONE AREZZO

Storia d’amore e di migrazioni. L’isola dalle ali di farfalla salva Samira dall’orrore. E il viaggio diventa riscatto

Una profuga siriana viene abbandonata dagli scafisti in uno scoglio del mar Egeo. Nel libro di Barbini il racconto di chi fugge per la libertà e la sorpresa di un incontro.

Storia d’amore e di migrazioni. L’isola dalle ali di farfalla salva Samira dall’orrore. E il viaggio diventa riscatto

Tito

Barbini

Questa è innanzi tutto una storia d’amore. È successo qualche tempo fa. Era l’alba quando un caicco turco si avvicinò a una caletta , gli scafisti sbarcarono un gruppo di profughi e si allontanò alla svelta. Samira, giovane profuga siriana, rimase nell’isola e nell’isola a forma di farfalla, ha conosciuto Apostolos , il giovane pescatore di spugne che navigava con la sua barca rossa attraverso le anse sinuose dell’Egeo.

Samira, fuggita da una Siria dilaniata dalla guerra, non sa ancora che l’incontro con Apostolos, un pescatore greco, rappresenterà un punto di svolta senza precedenti. La possibilità di ritrovare un senso a una vita smarrita. Qui in quest’isola, di fronte a un mare che si inabissa nel cielo, tutto si mescola e qualsiasi esistenza , anche quella più frantumata, ha una nuova possibilità. La mia storia d’amore è in questa scelta: Samira resterà nell’isola e vivere la sua storia d’amore oppure raggiungerà le sue compagne nella Fondazione che in Europa accoglie, per continuare la lotta, le profughe siriane ? Chissà, dovrete scoprirlo leggendo il libro.

Ognuno di noi, a un certo punto, attraversa una linea di confine sottile che divide chi siamo stati da ciò che diventeremo, un punto al quale non arriviamo necessariamente per nostra decisione ma che ci lascia liberi di scegliere come continuare la nostra esistenza. Quello è un momento cruciale in cui decidiamo, tra le mille potenziali vite, quale percorrere. Questa per Samira è una scelta di riprendersi un’esperienza di vita che inevitabilmente la porta lontano dall’isola. Spazio al cambiamento e una nuova progettazione del suo futuro. Nella mia storia c’è però una storia d’amore importante e bellissima con un pescatore di spugne. Samira si dà la possibilità di una nuova vita con Apostolos?

Vi racconto l’isola, la sua gente, i suoi segreti. Tutto ciò che il viaggiatore distratto non si cura di vedere e di ascoltare. La scrittura di viaggio è anche una sorta di archeologia del paesaggio. Ecco proprio questo, esistenze e storie in un’isola che ho imparato ad amare. Un romanzo d’amore e, insieme, un altro libro di viaggio, spero qualcosa che faccia ricordare una storia d’amore e di migrazioni. Ho sempre sostenuto che il viaggio è fatto di sogni e attese. Di incontri , anche. In fondo il viaggiatore è anche un ladro di storie. Io provo sempre, con i miei libri, di raccontarne alcune.

Una parte importante del mio romanzo è dedicata al tema delle migrazioni. È una storia d’amore e di fuga disperata nel mare. Mi afferra un dubbio. I racconti sulle migrazioni possono essere molto rischiosi per uno scrittore. Alle volte paternalistici, privi di autenticità, oppure intrisi da un senso di colpa per la nostra impotenza di testimoni distratti dal nostro egoismo.

C’è il rischio di rimanere intrappolati dentro a una facile retorica o di rappresentare le persone in maniera superficiale o ancora di usarle come specchio. Sì, ero pieno di dubbi, temevo la retorica, che il mio sguardo potesse essere inadeguato a raccontare questa storia, che potesse sembrare il tentativo di speculare sulla sofferenza delle persone. Non volevo cadere in nessuna di queste tentazioni nel raccontare la storia di Samira e Apostolos. Poi, a un certo punto, ho sentito che la sofferenza del profugo come la gioia dell’amore, andava raccontata. Ho avuto la necessità di mettermi a scrivere. Ho pensato anche che non sarebbe stato semplice per uno scrittore raccontare la storia della loro vita. Ma ho voluto provarci.

Sfumano le emozioni, e la polvere del tempo ricopre le tracce delle azioni compiute. Ma la scrittura rimane. È cosi che mi sono convinto che questa storia vada raccontata per intero. E siccome le storie, come gli amori, non durano, se non nelle parole che gli dedichiamo, ho deciso di mettermi a scrivere per raccontarvela. Non a spizzichi e bocconi come ho fatto nel libro precedente che ho scritto sull’isola, ma partendo dall’inizio della storia, o almeno da quando sono riuscito a ricostruirla. Perché quello che conta è cosa successe veramente. O anche quello che poteva succedere. La storia dei miei profughi siriani è vera.

Nessuna povertà estrema ha spinto queste persone a lasciare il paese natale ma una guerra orribile e senza fine. Questo e la voglia di ribellarsi spingono una donna giovane e colta a fuggire dalla sua terra martoriata e ad affrontare il mare in una barca dal destino incerto. Forse Samira non riflette molto sul pericolo o forse sopravvaluta le sue forze, c’è anche il desiderio di somigliare di più al proprio sogno, a una certa idea di se, di voglia di futuro. Rispetto a questo mi sono posto semplicemente il compito di aggiungere una storia a un evento storico, quello migratorio, raccontando di persone in carne e ossa con le loro esperienze, anche quelle più nascoste e segrete. Sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo o a una donna, lo sforzo per liberarsi e autodeterminarsi, anzi, il non poter liberarsi da soli: il liberarsi liberando.