
Stefano Rofani morto ad ottobre 2014
Cortona, 24 dicembre 2017 - Chiedono la riapertura delle indagini penali per la morte di Stefano Rofani. Sono la madre e la sorella alla luce della nuova consulenza tecnica d’ufficio sulle cause della morte depositata al Tribunale di Arezzo nell’ambito del processo civile aperto.
A quanto si evince dalla perizia, elaborata e sottoscritta per conto del Tribunale da luminari della medicina legale e della cardiologia come i professori Salvatore Gentile e Stefano Borziani di Genova, sussisterebbe un chiaro nesso causale tra le omissioni dei sanitari che ebbero in cura il giovane all’ospedale cortonese della Fratta e la sua morte.
Stefano Rofani è morto a 39 anni il 6 ottobre 2014. Fu dimesso dal pronto soccorso dell’ospedale cortonese Santa Margherita di Fratta in codice verde con una diagnosi di ernia iatale. Poche ore morì a bordo della sua auto al volante della propria auto mentre tornava a casa con la madre nella frazione montana di Teverina.
Secondo l’avvocato Gabriele Zampagni, legale della famiglia Rofani, la nuova perizia “non lascia spazio a dubbi od interpretazioni sulle cause della morte del povero Stefano ed è davvero sconvolgente. La consulenza tecnica d’ufficio afferma che se Stefano fosse stato trattato nel rispetto delle linee guida vigenti, sarebbe con ogni probabilità ancora tra noi”.
Tesi, per altro, da sempre portata avanti dalla famiglia, anche alla luce delle valutazioni che il perito di parte, il professor Gaetano Thiene dell’Università di Padova aveva messo nero su bianco anni prima. Oggi quelle stesse considerazioni troverebbero conferma medico-scientifica con la perizia richiesta dal giudice Breggia nell’ambito del processo civile.
“I professori Salvatore Gentile e Stefano Borziani – spiega ancora il legale Zampagni - scrivono nella perizia che la precoce ed ingiustificata dimissione di Stefano ha privato lo stesso degli indispensabili accorgimenti da applicare in situazioni come questa, dando luogo, peraltro, a violazione delle linee guida ormai da tempo codificate nella gestione del dolore toracico. A ciò si deve aggiungere una non idonea qualità assistenziale prestata in favore di Stefano, associata ad una erronea interpretazione dei sintomi che il povero giovane manifestava e che avrebbero richiesto un ben diverso trattamento”.
La causa penale a carico dei 4 tra medici e infermieri accusati di omicidio colposo per la morte del cortonese Stefano Rofani era stata archiviata. Il Pm Falcone che aveva guidato le indagini aveva sostenuto che non esisteva un nesso di causa ed effetto tra la dimissione dall'ospedale e il decesso e che il cortonese non si sarebbe comunque salvato a causa di una anomalia cardiaca.
Malformazioni o altre cause congenite che non compaiono, però, nell’ultima perizia depositata che invece parla di un’acuta insorgenza di una fibrillazione ventricolare con successivo arresto cardiaco.
Affermazione che aprirebbe, dunque, la strada ad una riapertura delle indagini anche in sede penale.
“Nel terzo millennio, nell’Italia di oggi, non si può morire impunemente dopo essersi recati ad un pronto soccorso, proprio per cercare cura e tutela”, commenta ancora l’avvocato Zampagni. “Questa vicenda, purtroppo, è ricca di errori a molti livelli e la famiglia Rofani continua a pretendere giustizia in tutte le sedi competenti, oggi a maggior ragione”.