Spinello, l’erede di Giotto caro al Vasari Dipinse un Lucifero che gli apparve in sogno

Un protagonista della pittura trecentesca, lavorò fra Arezzo, Firenze e Siena. Qui gli affreschi della Cappella Guasconi in San Francesco

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Nelle Vite Giorgio Vasari riserva una cura particolare a Spinello (134647-1410), cui dedica una vita molto più ampia, rispetto ad artisti, del calibro di Cimabue, Duccio e Ambrogio Lorenzetti. Egli indica per la prima volta con chiarezza l’origine aretina del pittore, che nella letteratura artistica precedente era stato invece annoverato tra gli artisti fiorentini. Per Vasari, che non per caso lo ritrae nella propria abitazione aretina in uno degli ovali nella Sala della Fama, Spinello è "sinonimo" della pittura trecentesca ad Arezzo.

Stando al grande biografo, che nonostante il suo legame con Firenze, ha comunque voluto assegnare grande importanza ad Arezzo come luogo della sua formazione artistica- aspetto peraltro confermato dalla storiografia attuale-, Spinello giovane deve avere avuto poco a che fare con Firenze. Oltre al polittico che nel Cinquecento era ancora visibile nell’altare maggiore del convento degli Olivetani a Monte Oliveto, la cui tavola centrale recava l’inequivocabile iscrizione "Spinellus luce de aretio pinxit", Vasari cercò anche ad Arezzo prove certe delle origini. Tra queste cita il precoce affresco con la Madonna con il Bambino tra i santi Antonio Abate e Giacomo, oggi nel locale museo diocesano.

Nel pensiero vasariano l’immagine di Spinello si associa a quella di erede di Giotto, oltre che di Margarito e nella Vita a lui dedicata numerosi sono gli elogi dell’attività del pittore, che per Vasari dimostrava di avere "Invenzione", "spontaneità", "raziocinio" e "grazia semplice" unita a modestia. Alla biografia vasariana si collega l’immagine che di Spinello è stata rappresentata da Adolfo De Carolis nella Sala dei Grandi del Palazzo della Provincia. La sua figura è in secondo piano, posta dietro quella di Masaccio, facendo in modo che egli si veda raffigurato a mezzo busto e di profilo, con un mantello ocra e un copricapo rosso scarlatto. A lungo, dopo Vasari, basti citare Lomazzo, Mancini, Baldinucci e molti altri, Spinello rimase la figura centrale del Trecento in Arezzo, fino ad arrivare al XX secolo, quando a partire dagli studi di Giulia Sinibaldi e di Giulia Brunetti nel 1943 per arrivare a quelli più recenti di Luciano Bellosi e di Isabella Droandi, -solo per citarne alcuni-è stato ricostruito lo sviluppo della pittura trecentesca aretina, indicando proprio in città la formazione di Spinello grazie all’individuazione della figura del suo maestro Andrea di Nerio, oltre che di altri protagonisti, come il Maestro del Vescovado. Spinello, per molto tempo definito pittore orcagnesco, facendo riferimento alla generazione fiorentina cresciuta sotto l’egida dell’Orcagna a Firenze, ha ricevuto invece i primi insegnamenti nella sua città natale, dove il secolo XIV ha dato vita ad una temperie culturale di grande levatura.

La vita e l’attività di Spinello, protagonista tra la fine del Trecento e i primi anni del Quattrocento a Firenze, dove si è immatricolato all’Arte dei Medici e degli Speziali nel 1386 e dove ha svolto grande parte della sua carriera, -meravigliosa l’impresa di Santa Caterina dell’Antella per gli Alberti-, a Siena, dove ha lavorato nel Palazzo Pubblico, a Pisa e a Lucca, area dove il nostro si è trasferito intorno al 1380, per trattenersi fino al 1385 lasciando capolavori, come gli affreschi del Camposanto pisano, a Cortona, a Città di Castello, oltre che in Arezzo, dove la sua personalità ha segnato una svolta, sono stati oggetto di due importanti studi monografici, quello di Stefan Weppelmann nel 2003 e quello attualissimo di Aristide Bresciani, edito nei primi mesi del 2021.

Spinello di Luca, noto come Spinello, apparteneva molto probabilmente ad una famiglia benestante, la cui attività era collegata all’arte orafa. Della giovinezza di Spinello esiste un documento del 1360, ovvero una registrazione catastale che attesta che il giovinetto, che doveva avere anche una buona istruzione, abitasse in una casa di "Vallis longa", attuale via Cavour, difronte a via del Chiavello, oggi via del Saracino. Senza affrontare il problema più volte dibattuto relativamente ad opere di discussa attribuzione, va detto che l’attività svolta da Spinello in patria, dove la sua presenza è documentata più volte e in momenti diversi, è importante e ricca è la lista di lavori da lui eseguiti, tra perduti e pervenuti, dalle commissione per la Fraternita dei Laici alle pitture in San Francesco, in San Domenico, senza dimenticare il cosiddetto Duomo Vecchio, da cui proviene l’affresco con la Madonna della rosa, dal Cinquecento nella chiesa di Santa Maria Maddalena e tenuta in grande considerazione dagli Aretini.

A questo proposito piace ricordare anche la fortuna critica che Spinello ha avuto nell’Ottocento, anche internazionalmente, legata alle prime riproduzioni a stampa delle sue opere. Facendo riferimento ad Arezzo, la più antica è l’incisione di Carlo Lasinio su disegno di Liborio Ermini, relativa all’affresco con la Caduta degli angeli ribelli pubblicata nel 1822 da Niccolò Pasqui. All’affresco, oggi non più visibile, ad eccezione di alcuni frammenti divisi tra Arezzo e la National Gallery di Londra, dove sono arrivati grazie a Lord Layard, è legato il famoso aneddoto vasariano della morte di Spinello. Con cui si chiude la biografia. Poco prima di morire, essendo ormai vecchio, ma non sapendo "stare a riposo prese a fare alla compagnia di Santo Agnolo "di Arezzo alcune storie di San Michele, nelle quali "figurò un Lucifero già mutato in bestia bruttissima …E dilettosi tanto Spinello di farlo orribile e contraffatto... che la figura da lui dipinta gli apparve in sogno, domandando dove egli l’avesse vista sì brutta" facendolo spaventare moltissimo.

Quando Lord Layard, che indica la Caduta degli Angeli ribelli l’ultima opera di Spinello, giunse ad Arezzo nel 1855, l’affresco era già ridotto a pochi frammenti sulla parete della distrutta chiesa e che era ormai nell’abitazione di un contadino, detta la Casa dei Diavoli. Le ultime opere di Spinello appartengono alla fase senese, 1404-1408, seguite dai lavori realizzati in patria dal 1408 al 1410. Nell’Ottocento in Arezzo la figura di Spinello suscitò grande interesse anche a seguito del ritrovamento degli affreschi della Cappella Guasconi, in San Francesco, avvenuto nel 1856.