Scuola media Sanarelli - Pratovecchio Stia

Gli episodi di violenza, alcuni anche recenti, non hanno niente a che vedere con i valori dello sport

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Il calcio non è uno sport aggressivo, ma spesso lo diventa l’ambiente che gli gravita attorno.

Quando i ragazzi cominciano a giocare sui campetti di paese o nelle squadre giovanili, li muove la voglia di stare insieme, di confrontarsi con i compagni, di emulare le gesta dei nostri campioni, ma mai penserebbero di entrare in un contesto di violenza o di pericolo.

Anche andare allo stadio dovrebbe essere un piacere, un’esperienza di condivisione con amici e famiglia, invece spesso i padri rinunciano ad acquistare il biglietto per accompagnare i figli a vedere una partita perché ne percepiscono solo potenziali pericoli.

La violenza attorno al calcio comincia sempre dal verbale: cori offensivi, striscioni con scritte razziste, insulti, provocazioni contribuiscono ad alimentare la percezione che il mondo che gravita attorno al gioco, sia poco sano. A farne le spese non sono sono calciatori che vengono colpiti nei loro aspetti più intimi e personali, ma è l’intera galassia calcio che si carica di connotazioni negative che diventa difficile giustificare.

Molto spesso dietro le bande di tifo violento e organizzato si nascondono intenti poco chiari che hanno a che fare più con la malavita che con lo sport.

Sono molti più di quanto pensiamo quelli che a cui viene riconosciuto un potere carismatico tale da influenzare le stesse società calcistiche, che preferiscono scendere a patti con le loro stesse tifoserie violente, piuttosto che combatterle dall’interno. A poco valgono provvedimenti come i Daspo, l’interdizione dagli stadi imposta ai tifosi che si sono resi protagonisti di violenze.

L’educazione ai veri valori dello sport comincia dagli spalti. La scarsa sensibilità nei confronti di atti razzisti e discriminatori è la spia di un livello di consapevolezza ancora troppo basso, per il quale occorre che si mobilitino le società calcistiche e tutta la società civile.

Noi vorremmo che l’educazione ai valori del calcio sano ripartisse proprio dai nostri campetti di provincia, dove a volte sono gli stessi genitori che si lasciano andare a offese eccessive e irrispettose contro l’arbitro o i nostri avversari, i quali invece sono solo coetanei e compagni di gioco.

Sarebbe bello se al termine della partita, ci scambiassimo tutti strette di mano, complimenti reciproci, ringraziamenti: sarebbe un modo per riconoscerci tutti uniti dalla stessa passione, certamente avversari ma non nemici.