Salvatore Mannino
Cronaca

"Santa alleanza tra le capitali dell'oro": idea di Guasconi per salvare il settore

Unite per premere su Roma. Il presidente Camera di Commercio: un miliardo in meno di Pil, scenario realistico. Allarme cassa integrazione: correttivi o aziende a rischio

Massimo Guasconi

Arezzo, 1 giugno 2020 - Il miliardo e cento milioni di crollo del Pil nel 2020 che La Nazione ha calcolato ieri? «E’ una cifra realistica», dice Massimo Guasconi, presidente della Camera di Commercio. Così come realistici gli paiono gli scenari disegnati in questi giorni di un distretto orafo che è ancora fermo all’80 per cento e di un distretto della moda, ripartito al 50-60 per cento.

Il quadro insomma di un’economia asfittica per la quale la recessione del 13 per cento prevista dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco appare come un’ipotesi tutt’altro che campata in aria. E allora da dove si ricomincia nel Guasconi-pensiero, l’imprenditore senese che si è ritrovato alla guida della nuova Camera di commercio unificata?

«Noi - spiega lui - ci abbiamo messo tutto quello che potevamo, cioè i quattro milioni di intervento straordinario già annunciati. Una goccia nel mare? Sì, è vero che di fronte a oltre un miliardo potenzialmente bruciato possono apparire tali. Speriamo comunque nell’effetto moltiplicatore».

Che è poi quel meccanismo in base al quale il potenziale di una somma stanziata è fino a 10-20 volte superiore, il che nel caso specifico vorrebbe dire da 40 a 80 milioni, ma questo andrà verificato sul campo. Intanto, il primo fronte d’emergenza è quello appunto dei gioielli, che non riescono a ripartire davvero perchè i mercati mondiali restano sostanzialmente chiusi.

«Mercoledì - dice Guasconi - faremo un incontro con la consulta degli orafii. L’idea è quella di un’alleanza delle tre capitali italiane dell’oro, non solo Arezzo ma anche Vicenza e Valenza. I problemi sono comuni, anche la risposta dovrebbe essere comune. Insieme possiamo contare di più nel chiedere interventi mirati al governo, i gioielli sono una delle eccellenze nazionali, soprattutto per il peso che hanno sull’export. Roma ci deve ascoltare.

Strategico è anche ilo ruolo di Ieg, perchè le fiere sono fondamentali per il mercato». La situazione, riassume il presidente, è drammatica. Il 20 giugno finisce la cassa integrazione Covid del Cura-Italia, ma quella del decretone in fase di conversione, altre nove settimane comincia solo a settembre. Ci sono due mesi, luglio e agosto, nel quale le aziende rischiano di essere costrette a pagare i dipendenti per non lavorare, il che può schiantare la residua liquidità di molte imprese. E l’ultima cosa che serve in questo momento è una catena di fallimenti o di chiusure.

«Serve un intervento correttivo», sintetizza Guasconi, che registra già alcune novità in fase di conversione in parlamento dell’ultimo decreto: i 25 mila euro senza merito creditizio per le aziende minori che passano a 30 mila e restituibili in dieci anni, i finanziamenti fino a 800 mila euro che diventano a lunghissima scadenza, l’autocertificazione dell’imprenditore richiedente che dovrebbe evitare la responsabilità del dirigente di banca e quindi le lungaggini di istruttoria per i piccoli prestiti, il sostanziale divieto alle banche di utilizzare i fondi concessi con la garanzia dello stato per coprire le esposizioni pregresse.

Del resto, non è solo l’oro che soffre. La moda, l’altra colonna dell’export, sta un po’ meglio ma è tutt’altro che riaperta a pieno potenziale. «C’è un po’ di domanda dall’estremo oriente e dalla Cina. Credo che funzioni anche il sistema delle vendite online». La metalmeccanica extraorafa ha punte di eccellenza e punte di crisi, non sta benissimo neppure l’agroalimentare, che pure non ha mai chiuso.

«Regge e magari cresce chi è inserito nella catena della grande distribuzione. Ma altri settori come i caseifici che erano legati alla domanda turistica sono in difficoltà, come il vino che resta nelle cantine, togliendo liquidità alle aziende agricole». Infine il turismo, che è all’anno zero, come concorda anche Guasconi.

La speranza è che la riapertura di mercoledì dei confini regionali riporti almeno un po’ di visitatori di prossimità, dalle zone più vicine, ma per tornare al «prima» ci vorranno anni, ammesso che sia possibile recuperare il terreno perduto. E intanto quel miliardo di Pil a forte rischio è un brivido freddo che scende giù per la schiena