Sacfem: ucciso dall'amianto, alla famiglia assegnati 750 mila euro

La sentenza di condanna per la Bastogi, l'azienda che all'epoca controllava e gestiva l'industria aretina di produzione delle carrozze ferroviarie: riconosciuto ai familiari maxi-risarcimento

Gli avvocati

Gli avvocati

Arezzo, 2 ottobre 2019 - La Sacfem torna a far parlare di sé dopo quasi quaranta anni dalla sua chiusura.

Il tema è sempre quello dell'esposizione a fibre di amianto che ha interessato decine di dipendenti del reparto ferroviario, provocando a distanza di anni moltissimi casi di asbestosi e anche numerosi decessi per malattie polmonari.

In questi giorni è arrivata una nuova sentenza di condanna per la Bastogi, azienda milanese che all'epoca controllava e gestiva la Sacfem, sentenza con cui il giudice del lavoro del Tribunale di Arezzo, dr. Rispoli, ha riconosciuto ai familiari di un ex dipendente un maxi-risarcimento per la mancata predisposizione delle misure di sicurezza atte a prevenire l'esposizione con l'amianto, largamente utilizzato per la produzione e la riparazione delle carrozze ferroviarie.

I familiari della vittima sono stati assistiti dagli avvocati aretini Sabrina Candi, Vittorio Martinelli e Simona Bianchi, coadiuvati da un vero e proprio team di collaboratori e ricercatori che hanno ricostruito la realtà storica dei fatti all'interno del cosiddetto Fabbricone.

Secondo i legali "questa sentenza, pur a distanza di così tanto tempo, riporta uno spicchio di giustizia, almeno dal punto di vista storico e giuridico, su una realtà che se da una parte è stata il fiore all'occhiello dell'industria aretina del '900, dall'altra ha lasciato una terribile scia di malattie e decessi che solo negli ultimi anni, a causa della lungolatenza delle patologie, è venuta prepotentemente alla luce tra tutte quelle centinaia di persone che avevano lavorato in Sacfem".