Salvatore Mannino / Sergio Rossi
Cronaca

Processo per bancarotta, «l’Arezzo non poteva andare avanti»: l’accusa a due ex presidenti

«A dritto nonostante il dissesto». Nei guai Ferretti e Matteoni, le nuove udienze a novembre. «Dovevano andare verso la liquidazione o il fallimento»

Il presidente Ferretti

Arezzo, 10 aprile 2021 - Udienza di smistamento e aggiornamento al 12 novembre per l’accusa e al 26 dello stesso mese per le difese. Non erano presenti gli imputati al processo che si è aperto ieri davanti al giudice Ruggiero (pubblico ministero Albergotti) per le vicende dell’Arezzo calcio nella stazione 2017-2018, un’incredibile sofferenza sportiva che culminò però in una clamorosa salvezza diretta all’ultima giornata.

Ma lo sport c’entra poco nel procedimento che vede accusati di bancarotta semplice i due presidenti che si alternarono in quel periodo, entrambi romani, prima Mauro Ferretti e poi Marco Matteoni, il primo difeso dall’avvocato del foro di Roma Francesco Scacchi, il secondo dai legali aretini Jacopo Gori e Teresa Malentacchi. L’accusa di bancarotta consiste nella fattispecie di aver aggravato il dissesto economico della società a scapito dei creditori.

A fronte di una situazione finanzaria ormai insostenibile e di un’insolvenza conclamata, i due presidenti sarebbero comunque andati avanti nella conduzione societaria invece di imboccare la strada della liquidazione o del fallimento, strumenti che avrebbero tutelato in maggior misura i creditori. Mauro Ferretti, che ha guidato l’Arezzo calcio per quattro anni, aveva comunque iscritto la squadra e pure questo, secondo le ipotesi di accusa, era avvenuto nonostante il dissesto ormai insormontabile.

A metà ottobre 2017 Ferretti annunciò poi in conferenza stampa di non essere più in grado di proseguire e che il suo tentativo sarebbe stato quello di trovare un acquirente. Tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 avviene la cessione alla Neos e Marco Matteoni diventa presidente dell’Arezzo. Paga un paio di stipendi ai giocatori ma anche lui si tira indietro ai primni di marzo di quell’anno.

L’avventura degli amaranto sembrò finire lì, diverse partite non furono giocate ma quando tutto sembrava perduto ecco il cavaliere bianco nelle sembianze di Giorgio La Cava, portato ad Arezzo da Ermanno Pieroni. Con l’aiuto del sindaco Ghinelli, l’intervento dell’imprenditore aretino Massimo Anselmi, la spinta di Orgoglio Amaranto, il contributo di altri imprenditori, fu reperito il capitale per concludere il campionato.

Arrivò così, dopo un ciclo terribile di partite nel giro di poche settimane, una miracolosa salvezza a Carrara all’ultima giornata. Ma al giudice la storia della rinascita calcistica interesserà davvero poco.