di Alberto Pierini
Un intervallo in mezzo al film ci sta bene. Un intervallo senza film no. I cinema cominciano a piegarsi sotto il peso di una stagione maledetta lunga quasi due anni. E il primo segnale allarmante viene proprio da qui: la Multisala Cine 8, uno dei fiori all’occhiello del divertimento in Valdarno, che raddoppia le chiusure. In certe settimane resta aperta dal venerdì alla domenica, nelle migliori parte da giovedì. Tempi che per un "palazzo" del cinema sono quanto mai anomali. Il gigante delle sale un giorno di chiusura lo ha sempre fatto, al lunedì. Ma oltre no: ed è chiaro che gatta ci cova.
Il quadro che emerge è semplice. Il pubblico manca e i film arrivano a singhiozzo. La stagione di Natale, da sempre la colonna portante degli incassi di un anno, non ha segnato zero come un anno fa, quando l’intervallo era infinito. Ma si è fermata poco sopra. Si parla di incassi ridotti dal 60 all’80%, che è tanta roba. Con alcune eccezioni, certo. La più rilevante è Spiderman, il film che è riuscito a bucare il deserto dei botteghini. Ma si va poco oltre. E soprattutto alla metà del mese è scattata la nuova morsa. Non una chiusura ma un colpo di freno. Che per le multisale è pesante. Ad esempio il divieto di consumare cibi e bevande in sala ha strappato via un’altra fonte di guadagno non irrilevante.
Seconda variabile: nel deserto del Natale le commedie hanno battuto in ritirata. La stagione dei cinepanettoni si è ridotta ai soli panettoni, di cine è rimasto poco. Una crisi che dal punto di vista qualitativo toglie poco agli spettatori: ma che comunque era partita da lontano, già prima della pandemia il fenomeno aveva cominciato a farsi strada. Anche qui con un’eccezione: Checco Zalone. Che però ormai di film ne fa al massimo uno ogni tre anni.
Terzo spigolo: la ritirata dei film. Non siamo al livello di un anno fa, quando la riapertura era coincisa con lo slittamento di tutti i titoli più attesi. E che già allora aveva fatto male, in testa alla multisala di Montevarchi: era stata l’ultima a riaprire, oltre un mese dopo l’Uci di Arezzo e tanti altri del circuito. Stavolta il fenomeno è più sottile ma palpabile. Perché tante pellicole (anzi copie digitali) previste per gennaio e per febbraio si sono posizionate più avanti nel calendario. Un esempio? Pieraccioni, la commedia che in genere resiste, che doveva già essere in sala e che invece ha preferito trasferirsi su un terreno più sicuro.
Un clima pesante. E che sta riportando a galla ora la paura dei giorni successivi al lockdown: quanto peserà la moltiplicazione delle piattaforme e dei loro abbonati sul numero degli spettatori? E quanto quella stagione ha cambiato i gusti degli utenti?
Il pericolo che gli esperti prefigurano è che i cinema mantengano solo gli spazi di qualità, quelli che fino alla pandemia sembravano minacciati, complice la chiusura delle piccole sale. E che tutto il resto finirà per scorrere sugli schermi casalinghi.
Segnali di controtendenza ci sono stati. All’Uci almeno nei weekend il volume degli spettatori è in aumento, anche se conferme non ne arrivano da un mondo tradizionalmente abbottonato. Mentre l’Eden ha recuperato in forze la programmazione migliore e galleggia tutto sommato meglio di altri. Anche se riducendo gli orari e sacrificando gli ultimi spettacoli. Il pubblico è ancora in finestra, che studia i dati della pandemia. Nelle prossime settimane sono in arrivo i film da Oscar, il secondo volano dell’anno dopo Natale. Un’altra prova del fuoco, un’altra risposta attesa con un filo di ansia da tutti i gestori. Che provano a ridurre l’intervallo. E cominciano ad avere l’allergia per la parola "fine".