
di Salvatore Mannino
Non basta il Mercatino Tirolese che è la grande attrazione della Città di Natale a camuffarne il volto. Piazza Grande resta un gioiello incastonato nel cuore antico di Arezzo. Le vie anguste da cui vi si arriva non preparano il visitatore ignaro alla magnificenza del luogo che quasi di improvviso, uscendo dalla strettoia delle antiche mura, si trova dinanzi. Lo scenario a forma di trapezio irregolare, con il mattonato al centro su un piano inclinato verso l’alto, è un prezioso scrigno d’arte e di storia, nel quale hanno lasciato la loro impronta alcuni fra i più grandi artisti dei secoli d’oro. Medioevo e Rinascimento, barocco e revival neomedioevale trovano qui una fusione e un’armonia rari che suscitano in chi arriva l’emozione della magia.
L’antica Platea Communis (detta anche Platea Porcorum perchè c’era il mercato dei suini) aveva in origine un’ampiezza molto maggiore e si estendeva verso l’alto in direzione dei Palazzi del Popolo e del Comune di cui ora, a seguito della distruzione ordinata nel 1539 da Cosimo de’ Medici dopo l’ultima rivolta di una città in cerca dell’antica indipendenza, resta soltanto un rudere nei giardini del Praticino. La piazza era, a partire dal 1200, dopo che il piccolo borgo dei secoli bui aveva cominciato ad espandersi oltre la primitiva cerchia di mura che correva lungo la poco distante Borgunto, il cuore dell’Arezzo comunale, il luogo delle grandi decisioni, la sede del potere.
La forma attuale arriva tra il ‘300 e il ‘500 con la realizzazione del Palazzo di Fraternita, che chiude il lato verso il Corso e la Pieve, di cui in piazza si affaccia l’abside, e del Palazzo delle Logge, che restringe il lato a nord, in direzione del Parco del Prato e della Fortezza. Sono i due lati più pregiati artisticamente. Al Palazzo di Fraternita, cui nel ‘700 si è aggiunto, fino a formare un unico grande edificio, il Palazzo del tribunale di ispirazione barocca con una scenografica scalinata, si mette mano a partire dal 1370 come sede della più antica istituzione cittadina, la Fraternita dei Laici. I lavori si interrompono nel 1384, con la fine dell’indipendenza, e riprendono nel 1430, quando viene chiamato, su suggerimento di Leonardo Bruni, grande umanista aretino segretario della repubblica fiorentina, un maestro del Rinascimento come Bernardo Rossellino, cui si deve la parte più slanciata della facciata, poi completata su disegno di Giorgio Vasari, altro gigante aretino. Sarà lui a disegnare anche, nel 1573, il palazzo delle Logge, capolavoro tardorinascimentale e gemello degli Uffizi.
Gli altri due lati della piazza sono stati ampiamente rimaneggiati, in clima di revival neomedioevale, tra le anni ‘20 e ‘30 del ‘900, acquistando così quell’aspetto turrito, da città del ‘300, l’epoca della massima potenza aretina sotto la Signoria dei Tarlati cui si richiamava esplicitamente l’ideologia nazionalista all’origine del restauro. Su questi versanti, così rimodellati, si affacciano austeri i Palazzi Lappoli e Cofani-Brizzolari, con la Torre Faggiolana. Nel complesso un palcoscenico di straordinaria suggestione, che appartiene senz’altro al novero delle più affascinanti e singolari piazze italiane.