
Non era solo un’intenzione di uccidere, non c’era solo un accordo, poi non messo in atto, per far ammazzare da un pugile il marito di una di loro. Ecco perchè Simona Bianchi, 52 anni, e Maria Gabriella Paci, 61, sono in carcere da due mesi, condannate in via definitiva per il tentato omicidio di Giovanni Bozzo, che la prima l’aveva sposata e che da lei non si è mai separato legalmente, neppure dopo aver scoperto la macchinazione che mirava ad eliminarlo per riscuoterne l’eredità, un patrimonio da almeno 15 milioni di euro che è tutt’ora al centro di una contesa giudiziaria, col testamento di lui, che lascia tutto al figlio minorenne, impugnato proprio dalla moglie.
Il verdetto della corte di cassazione è del 2 luglio, ma solo adesso se ne conoscono le motivazioni. Converrà, però, riepilogare prima la storia, che a suo tempo, nel 2011, fece discutere l’intera città. Soprattutto per la scelta del pugile Alessandro Rauti, contattato dalla Paci perchè usasse il suo cazzotto come un killer, di rivolgersi alla polizia e denunciare tutto. Alla Mobile, col suo consenso, lo usarono come un’esca, imbottendolo di microfoni prima che andasse all’appuntamento con la signora, a sua volta d’accordo con la moglie. Finì con le auto della polizia a bloccare quella della Paci e di Rauti nella zona di Bagnoro, proprio mentre si concretizzava il contratto per uccidere con il passaggio del denaro.
Nel processo col rito abbreviato che ne seguì, il Gip Anna Maria Lo Prete condannò a dieci anni Simona Bianchi, con l’aggravante di aver agito in danno del coniuge, e a 8 la Paci. Ma ecco il ribaltone in cassazione (prima sezione), dove l’avvocato della moglie, Antonio Bonacci, ottenne l’annullamento del verdetto con rinvio in appello per verificare se c’era stata una mera intenzione o qualcosa di più. I giudici di secondo grado, però, condannarono ancora: sei anni alla Bianchi e 5 alla Paci. Sentenza confermata in cassazione.
Ebbene, spiega la motivazione depositata dalla quinta sezione del Palazzaccio, le due donne non potevano sapere della scelta di Rauti di rinunciare, tantomeno del suo accordo con la polizia. Perciò, l’aver portato avanti il disegno criminoso va oltre l’intenzione (non punibile) e diventata tentato omicidio. Anche perchè la Paci si era comunque organizzata nel caso il pugile dicesso no, con un coltello che avrebbe dovuto diventare lo strumento alternativo per uccidere.
Bozzo è poi morto per cause naturali nel 2014, lasciando tutto al figlio, la splendida villa di Gragnone e un ricco patrimonio di immobili in mezza Italia. Ma Simona Bianchi, che non è mai stata dichiarata indegna di ereditare dai giudici, reclama adesso la quota legittima, ossia il 30 per cento, assistita dall’avvocato Riccardo Fanti. Udienza entro fine anno. Può una condannata in via definitiva per aver tentato di uccidere il marito ereditare da lui? La parola al giudice civile Carmela Labella.
Salvatore Mannino