Salvatore Mannino
Cronaca

Oro e moda, è stallo: prestito d’uso, interessi bloccati? "Non saremo ultimi a ripartire"

Il prezzo del metallo puro risale a 47 euro. Il presidente di Federorafi: questa instabilità è un problema più del livello altissimo. Distretto sbarrato, mercati fermi

Orafi al lavoro

Arezzo, 1 aprile 2020 - Insieme valgono (solo nell’ultimo trimestre 2019) 2,1 miliardi dei 2,5 dell’export complessivo della provincia. Il che significa, in un sistema Arezzo che manda all’estero l’80 per cento del Pil, più o meno 2,6 miliardi di prodotto lordo. Cifre che adesso, per oro e moda, i due settori portanti dell’economia locale, sono assolutamente a rischio: il decreto chiudi-Italia ha praticamente paralizzato l’attività di questi due comparti.

Il distretto dei gioielli è chiuso quasi al completo, a cominciare dalla madre di tutte le imprese orafe, ovvero la UnoAerre, i grandi raffinatori sono anch’essi in stand by, la moda d’alta gamma è ferma, a partire da Prada, con i suoi 900 dipendenti in Valdarno, per arrivare a Valentino e a tutti i contoterzisti che lavorano per le grandi griffes.

In tutto sono dai 20 ai 25 mila occupati, in gran parte a casa, a parte alcune eccezioni e chi può lavorare in smart-working come gli amministrativi. Per la moda, a dire il vero, il rallentamento era iniziato già nei tre mesi finali dell’anno, con una piccola flessione dell’export e quindi della produzione, per l’oro invece il 2019 si era concluso in gloria, soprattutto per i lingotti, in volo del 90% in più (1,3 miliardi).

Più contenuta la crescita dei gioielli: 566 milioni, un 7,7 per cento in più. Anche il 2020 era partito bene, finchè non è andato a naufragare contro l’iceberg del virus. Il problema adesso è ripartire e prima ancora ottenere le condizioni finanziarie per non arrivare stremati, o addirittura sull’orlo della chiusura, a quella data che potrebbe stare verso i primi di maggio, se la curva della pandemia resta questa.

Parrebbe apparentemente che due settori del lusso come l’oro e la moda siano fra quelli destinati a rimettersi in moto per ultimi, soprattutto in uno scenario in cui pure l’ufficio studio di Confindustria prevede un calo del Pil di dieci punti nel primo semestre e del 6 per cento a fine 2020. Per Arezzo i famosi 500 milioni in fumo che La Nazione aveva ipotizzato sulla base di un’altra ricerca, quella di Prometeia.

Eppure Giordana Giordini, titolare della ditta omonima, presidente locale di Federorafi (l’associazione di Confindustria sud appunto) è convinta che anche il lusso potrà riprendere da subito con buono slancio: «I segnali che vengono dai mercato orientali sono buoni, c’è domanda di beni di alta gamma, sia per l’oro che per la moda, no, non credo che saremo gli ultimi».

Certo, ammette, lei non si appassiona troppo alla questione della riapertura immediata delle fabbriche: «Se anche dovesse arrivare lo sblocco domani mattina, non sapremmo per chi produrre. I nostri principali clienti, da Dubai agli Stati Uniti e alla Turchia sono tutti fermi. Bisogna guardare a una prospettiva di medio periodo, ricominciare a lavorare da maggio per poi rientrare a pieno ritmo a ottobre, dopo l’estate».

Del resto, col prezzo dell’oro che continua a oscillare fortemente, per le imprese del settore il momento sarebbe comunque critico. Ieri i mercati erano a 47 euro al grammo, ma dopo la punta dei 50 della fine di febbraio e la successiva discesa a 42, si è risaliti anche fino al 49. Un movimento a zig-zag destinato a innervosire i grandi clienti, a cominciare dai distributori, che se anche le aziende fossero aperte preferirebbero aspettare a comprare.

«Non è tanto importante il livello del prezzo, conta soprattutto che si stabilizzi». L’altro grande problema per una miriade di piccole e medie aziende (in tutto sono più di mille) è quello del prestito d’uso.

Gli imprenditori ci pagano gli interessi anche adesso che sono fermi, perchè formalmente non è un mutuo di quelli che si possono dilazionare, come stanno facendo tutti. Di qui la trattativa con le banche per rimandare il pagamento degli interessi all’autunno. Due hanno già aderito, altre sono sul punto di farlo. Inutile dire che sarebbe una boccata d’ossigeno. La crisi economica non è il virus, ma uccide lo stesso per soffocamento