Oro, aiuti da Roma ma non subito: il governo promette ai parlamentari di correre ai ripari

Per ora contributi sopra i 5 milioni di fatturato solo alle aziende che fanno anche retail (poche). L’impegno: più risorse nello scostamento di bilancio

Un'azienda orafa

Un'azienda orafa

Arezzo, 14 luglio 2020 - La promessa c’è. Purchè non sia di quelle da marinai. Detto in altre parole, il governo promette misure specifiche per salvare il settore orafo dal naufragio. Non tanto nel decreto che è in corso di approvazione in parlamento, quanto in uno dei prossimi, quelli che potranno contare sulle risorse liberate dal nuovo scostamento di bilancio che dovrebbe essere votato dalla Camere.

Intanto, arriva una misura modesta ma che è pur sempre un segnale: l’abbattimento del muro dei 5 milioni di fatturato per i contributi a fondo perduto, riservata però solo alle aziende che abbiano uno sbocco diretto nel retail, cioè nel commercio al dettaglio. Un osso gettato tra i cani che si agitano nella crisi, ma di cui ben pochi potranno usufruire, perchè quelli che vendono gioielli direttamente nei loro negozi si contano sulle dita di una mano sola.

Dire che c’era una lettera, del 14 giugno, firmata da tutti i parlamentari aretini, di qualsiasi tendenza politica, una lettera stesa materialmente dall’ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan (Pd, eletto nel collegio senatoriale che comprende anche la Valdichiana aretina) con l’aiuto di Maurizio d’Ettore di Forza Italia, cui avevano aderito nomi di lusso come Maria Elena Boschi e Riccardo Nencini (Italia Viva), Cosimo Ferri (renziano pure lui, ora distratto dal caso Csm), Susanna Cenni, Tommaso Nannicini e Alessa Rotta (Pd), Tiziana Nisini (Lega), Chiara Gagnarli dei cinque stelle e Stefano Mugnai (Forza Italia).

In essa si reclamavano provvedimenti ad hoc per un settore portante dell’export (7 miliardi solo da Arezzo nel 2019), in primis appunto la sterilizzazione del tetto di fatturato per i contributi a fondo perduto, gonfiato dal prezzo della materia prima. Al lordo della quale (chiunque lavori in un anno oltre 100 chili d’oro va soprassoglia, è aritmetica) negli aiuti non ci rientra quasi nessuno, mentre al netto sarebbero ricompresi quasi tutti, tranne le aziende più grandi.

Ma, spiega Maurizio D’Ettore, che certo non è sospettabile di simpatia per il governo, la richiesta della Camera di Commercio ci è arrivata troppo tardi, quando ormai il decreto era impostato e cambiarlo era difficile. Abbiamo ottenuto in commissione quel piccolo emendamento, ma il grosso il ministero dell’economia ce lo ha promesso col decreto che verrà. Mi auguro che siano di parola, altrimento sono pronto a fare ostruzionismo fino in fondo.

Se va bene, invece, continueremo a muoverci in questa logica bipartizan. Inutile dire che molti, soprattutto dal lato della maggioranza, contano sulla capacità di influenza e l’autorevolezza di Padoan, che è stato ministro dell’economia negli ultimi governi di centrosinistra e che forse ancora conta qualcosa dentro il ministero, le cui stanze conosce alla perfezione.

Per ora a trattare la questione sono i viceministri Misiani del Pd e Laura Castelli dei cinque stelle. Gli aiuti da Roma non sono certo la panacea che può risolvere i problemi di un settore fermo, ma sarebbero un elemento simbolico, la dimostrazione che il governo non si è dimenticato di un settore che ai tempi del lockdown si voleva far ripartire in anticipo perchè strategico per l’export e che è fondamentale per l’economia di tre province, Arezzo appunto ma anche le altre due capitali dei gioielli, Vicenza e Valenza (Alessandria).

Non a caso, anche in sede di Camera di Commercio e di Consulta degli Orafi si era parlato di un’alleanza fra i tre principali distretti nazionali per strappare l’attenzione del governo.