
Gastone Pagni
Arezzo, 20 febbraio 2018 - Si chama Nazredine F., è un tunisino di 40 anni e si trova attualmente in carcere. Nel mondo della droga è un personaggio assai conosciuto ed è lui il principale sospettato nel giallo di Gastone Pagni, l’informatore farmaceutico figlio di un noto ex primario dell’ospedale che morì il 20 agosto 2015, quaranta giorni dopo il pestaggio che lo aveva lasciato tramortito nella sua casa di via del Saracino.
L’accusa per Nazredine è omicidio preterintenzionale: fosse lui il misterioso personaggio che riempì di botte la vittima, non voleva uccidere, solo provocare lesioni che poi degenerarono nella morte. Il Pm Angela Masiello ha affidato a una genetista e a un altro specialista dell’università di Pisa il compito di comparare il dna di una macchia di sangue trovata in casa di Pagni subito dopo il pestaggio con la saliva di un bicchiere di plastica e di tre mozziconi di sigaretta anch’essi scoperti nell’abitazione dai poliziotti della Mobile, che secondo il quesito della procura appartengono sicuramente al tunisino.
Sembra di capire, insomma, che già c’è stata una prima comparazione dalla quale si è potuto accertare che il Dna di bicchiere e cicche appartiene a Nazredine. Ma ovviamente non basta: il tunisino potrebbe sempre dire che in casa c’è stato ma che tutto si è fermato a un paio di sigarette fumate e a un bicchiere d’acqua offerta. Serve evidentemente un passaggio in più, quello che colleghi l’indagato alla violenza subita dalla vittima.
E se codice genetico del sangue e del tunisino corrispondessero, sarebbe una prima prova importante. C’è anche un altra possibilità: che la traccia ematica sia di qualcun altro o dello stesso Pagni. Per questo i genetisti hanno chiesto una sua impronta di Dna che però non sembra esserci. Sarà disposta una riesumazione? E’ ancora tutto da capire.
Le indagini condotte dalla Mobile, che fin dall’inizio avevano setacciato gli ambienti della droga, avrebbero portato, secondo le indiscrezioni, all’individuazione di un testimone chiave. Quest’ultimo ha spiegato che il tunisino aveva affidato alla vittima una partita di eroina o cocaina che Pagni avrebbe consumato per uso personale. Di qui la decisione di dargli una lezione.
Col pestaggio che avvenne il 9 luglio. Gastone fu ritrovato in casa dopo qualche giorno e ricoverato a Siena in gravi condizioni. Ma inizialmente si riprese, tanto da essere dimesso. Poi la ricaduta nei giorni di Ferragosto che gli fu fatale, fra una crisi respiratoria e un’emorragia cerebrale. L’autopsia all’epoca evidenziò un fisico debilitato dall’abuso di droga di questo ex ragazzo di 55 anni, buono come il pane ma debole di carattere, incapace di regere agli agguati della vita.
Il pestaggio, tuttavia, sarebbe stato una concausa della spirale negativa che lo stroncò. Da allora il lavoro di scavo della Mobile che inizialmente non aveva portato a risultati decisivi. Poi la pista buona, il testimone, l’individuazione del tunisino indagato,l’accertamento del Dna a carico del quale è stato affidato dal Pm Masiello il 13 febbraio. Per avere un primo verdetto servirà almeno un’altra decina di giorni. Un cold case, come si dice in gergo, ma gli amici di Gastone già tirano un sospiro di sollievo: finalmente un barlume di giustizia. In un giallo che pareva destinato a finire in archivio è già qualcosa.