SALVATORE MANNINO
Cronaca

Mazzetti: "Ho evaso le tasse per tenere in piedi Agorà"

E’ la linea sulla quale il dominus del sistema Coop si presenta stamani dal Gip "Non mi sono arricchito, ho sacrificato il fisco per pagare stipendi e Rsa"

di Salvatore Mannino

Daniele Mazzetti, il sessantenne di antico pelo (e di lungo corso giudiziario) accusato di essere il regista del Sistema Agorà, il consorzio di coop che non pagava le tasse quasi per principio, sembra una di quelle donne pudibonde dell’ottocento per le quali valeva la regola "Non lo fo per piacer mio ma per render grazia a Dio". Anche lui, dunque, evadeva sistematicamente il fisco non per arricchirsi ma perchè sacrificando l’erario riusciva a tenere in piedi la baracca, pagando gli stipendi (non sermpre regolarmente, a dire il vero) e mantenere la qualità dei servizi nelle Rsa gestite dalle affiliate.

E’ questa la linea sulla quale colui che viene considerato il "dominus" dell’impero Agorà (ottocento dipendenti, centinaia di ricoverati in decine di strutture sociosanitarie) si presenterà stamani all’interrogatorio di garanzia davanti al Gip Fabio Lombardo, che cinque giorni fa, venerdì mattina, gli ha fatto conoscere per la prima volta l’odore del carcere, nonostante avesse già alle spalle una condanna a quattro anni, come mediatore della madre di tutte le tangenti aretine (400 mila euro per la gara del calore Usl del 2002), e una prescrizione che lo aveva salvato dal processo per un’altra tangentopoli abruzzese.

Teoricamente, Mazzetti poteva avvalersi della facoltà di non rispondere, ma dopo essersi consultato con il suo avvocato, Luca Fanfani, della Dinasty che l’ha difeso in tutte le inchieste in cui è incappato, ha deciso di parlare. Lo scopo pare evidente: provare a ottenere i domiciliari e limitare la portata del quadro accusatorio, magari schivando il reato più pesante, che non è l’evasione fiscale, sulla quale ci sono ben pochi margini, data l’evidenza delle segnalazioni dell’agenzia delle entrate, ma l’associazione a delinquere. Ecco dunque la scelta di arrivare in aula col volto del brav’uomo di campagna, quello che non ha mai condotto una vita lussuosa, quello che non ha fatto i soldi grazie alle tasse non pagare. Stile di vita frugale, in una casa, a Castelfocognano, in mezzo ai boschi, che non corrisponde certo all’immagine dell’evasore incallito, un solo hobby, quello di cercatore di funghi, anche questo non esattamente il profilo di un arricchito.

Basterà a schivare l’enormità delle somme frodate al fisco, quasi 25 milioni secondo i calcoli del Gip? Basterà a smontare il teorema che lo vuole architetto principe, insieme al suo consulente Alessandro Corsetti e al presidente di Agorà (ma chi decideva davvero era Mazzetti) Letizia Beoni, ora ai domiciliari, di un sistema di scatole cinesi nelle quali le coop nascevano e morivano a girandola, lasciando alle nuove la polpa e portando nella tomba del fallimento i debiti? Lui dice che il sistema a matrioska, nel quale persino il consorzio madre, Agorà d’Italia, ha cambiato nome, diventando Reses, e sede, da Arezzo a Magione, aveva un solo scopo: tappare un buco dietro l’altro in modo da mantenere in vita il gruppo, col lavoro dei dipendenti e l’assistenza ai degenti. Il resto lo scopriremo stamani.