Matrimoni, addio al parroco: "sì" in fuga dagli altari, solo 8 cerimonie al mese

Continua la ritirata dei riti religiosi rispetto a quelli civili. Ma tutte le nozze ingranano la retromarcia: mai tante poche nozze celebrate in un anno

Un matrimonio in chiesa

Un matrimonio in chiesa

Arezzo, 29 gennaio 2020 - Salvate il parroco. Non perché sia in pericolo, ci mancherebbe, ma semmai dalla noia. Perché in chiesa i fedeli non aumentano. E ormai solo pochi, pochissimi scelgono lui per sposarsi. E il 2019 non ha fatto eccezione. Il sorpasso dei riti civili su quelli religiosi è di un paio d’anni fa: ma si consolida ogni volta di più. I dati? Nei dodici mesi che ci siamo lasciati alle spalle appena 107 coppie che si sono presentate davanti all’altare.

Fate i conti, significa poco più di otto al mese. Una media quasi di sopravvivenza. E pensate che nel mezzo, qui come per i riti civili, non ci sono solo gli aretini o i residenti nel Comune: ma anche quanti da lontano sbarcano qui per rendere più suggestivo il loro giorno più bello. Una ritirata. I sì davanti al sindaco o ad un suo delegato sono stati 126. La media dei sì dal parroco raggiunge a fatica il45%.

Ma a colpire è anche il numero complessivo dei matrimoni. Perché siamo in tutto a 233 in un anno. Gli appassionati dell’amore annunciato davanti a parenti ed amici sembravano aver toccato il fondo nel 2018: e invece quei 264 matrimoni alla luce degli ultimi dati sembrano un trionfo da bacio Perugina. Un altro crollo del 12%. E che segue ad una serie storica stile Caporetto, che un anno prima aveva toccato quota 273 e quello prima ancora sfiorato il tetto dei trecento.

E fermiamoci qui, o dovremmo disegnare un diagramma simile a quelli di certe aziende sull’orlo del deficit. E’ la classica fuga dal sì: tra i fiori d’arancio le analisi si sprecheranno. C’è chi, come il Vescovo Riccardo Fontana, da anni lamenta la fuga dalle responsabilità: che secondo lui si traduce anche in una scarsa disponibilità a dirsi sì ufficialmente, davanti al parroco o al sindaco che sia. Di là la lettura classica è quella della crisi: la casa, lo stipendio, la difficoltà a rendersi autonomi.

Di fatto un dato che segna un fenomeno che negli anni ’60 e ’70 sarebbe stato clamoroso: meno di venti matrimoni complessivi all’anno, meno di venti famiglie nuove, anche se in questo caso non considerando convivenze e dintorni.

Sul fronte dei matrimoni religiosi, anche se in questo caso non ci sono dati che ti assistano, pesa probabilmente la voce delle seconde o terze nozze: che chiaramente solo in casi estremi, quando la «sacra rota» rotoli dalle tue parti, possono essere celebrate davanti all’altare. Il mese delle nozze? Nettamente giugno: ben cinquanta cerimonie complessive, praticamente quasi un quarto del totale.

A ruota seguono settembre ed agosto, complice la possibilità di far coincidere le ferie estive con il viaggio di nozze. Una volta si preferiva il bis, intanto prendere la «licenza» e poi ripartire con il caldo. Ma erano i tempi del boom o quasi, oggi una vacanza all’anno basta e avanza. Resta fra le tradizioni quella del matrimonio di dicembre, una trentina le cerimonie che vanno ad incastrarsi con il Natale. Il mese no? Nettamente novembre.

In quei trenta giorni, almeno nell’anno di grazia 2019, una sola coppia nel comune ha deciso di dirsi di sì. Una e con rito civile, tanto per regalare un’altra amarezza al nostro amico parroco. Per il resto i riti si distribuiscono in modo abbastanza uniforme, fatta salva una predilezione per maggio, che una sua priorità la mantiene. E le divisioni? Cominciano a fioccare.

Quelle ufficiali, considerando sia i divorzi che le separazioni, sono state una sessantina. Vabbè, direte, forse ci sarà il boom delle unioni civili. Un po’ sì, visto che fino a pochi anni fa erano escluse, ma alla fine sono state solo tre. Tutte tra uomini. Esattamente come l’unico scioglimento: beh, quando l’amore finisce finisce per tutti.