Stefano
Pasquini
Nell’ottavo cerchio dell’inferno, denominato Malebolge, dove sono puniti i fraudolenti con terribili malattie fisiche, Dante trova, dopo Griffolino d’Arezzo, un altro dannato morto arso vivo. Si tratta di Maestro Adamo.
Il dannato è stato identificato con "“magistro Adam de Anglia familiare comitum Romena”, citato in un documento bolognese del 1277. L’appellativo "magistro", cioè maestro, indicava persone che avevano fatto studi accademici. Adamo proveniva dall’Inghilterra, poi si recò a Brescia e quindi a Bologna. Infine venne chiamato in Casentino dai Conti Guidi. Si trattava quindi di un intellettuale, come Griffolino.
Dante vede nella bolgia puteolente un uomo particolarmente malato: è affetto da grave idropisia, che gli gonfia il ventre a causa della ritenzione di liquidi. Il dannato soffre terribilmente di sete, a causa della sua malattia, e rievoca l’immagine paradisiaca della natura nella valle dove ha abitato.
Li ruscelletti che d’i verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno,
faccendo i lor canali freddi e molli,
sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
ché l’imagine lor vie più m’asciuga
che ’l male ond’io nel volto mi discarno.
La scena è tipica della valle casentinese, piena di colli erbosi dai quali scendono piccoli ruscelli con acqua saporita e fresca. Il ricordo delle verdi valli piene di acqua fresca fa parte della punizione del dannato perché rende ancora più terribile la sua sete. La giustizia divina ha escogitato una pena per Maestro Adamo che è strettamente correlata al luogo dove egli peccò, cioè il Casentino, così che proprio il ricordo delle acque fresche dei ruscelli collinari rendano più atroce la sofferenza della sete eterna.
Adamo poi racconta la sua storia. Arrivò al castello di Romena, governato dai Conti Guidi, dove si mise a falsificare i fiorini, la moneta fiorentina composta di oro puro a ventiquattro carati. All’epoca la falsificazione di monete era considerato un reato gravissimo, quasi un attentato allo stato, poiché minava la base economica del potere istituzionale.
Maestro Adamo fu arrestato a Firenze, mentre spendeva i fiorini falsi, e fu arso vivo nell’anno 1281. Dante aveva sedici anni ed è probabile che abbia assistito all’esecuzione o comunque ne abbia sentito molto parlare. Al ricordo del supplizio, si scatena la rabbia furibonda del dannato verso i Conti Guidi, che lo indussero a falsificare i fiorini. Maestro Adamo infatti era stato solo l’esecutore materiale, probabilmente perché aveva le conoscenze tecniche per produrre monete, ma i veri mandanti ed organizzatori della falsificazione erano stati i Conti Guidi: Guido, Alessandro e Aghinolfo.
Il dannato arriva a sostenere che, nonostante la sua terribile sete, sarebbe disposto a rinunciare a Fonte Branda (famosa fonte di Siena), pur di vedere i tre Conti Guidi all’inferno. Li definisce tutti e tre "anima trista", cioè persone malvage. I tre fratelli Guidi non potevano essere raggiunti dalla giustizia fiorentina e furono soltanto condannati in contumacia. Di fatto dunque l’unico ad essere punito, con una morte orrenda, fu Adamo, che era stato un mero esecutore, mentre coloro che avevano organizzato la produzione di monete false e percepito i veri guadagni restarono indenni.
Il falsario accusa apertamente i tre Conti Guidi: "Io son per lor tra sì fatta famiglia; e’ m’indussero a batter li fiorini". Questo odio cieco verso i tre fratelli di Romena appare però sospetto. Se è pur vero che i Conti furono i mandanti del reato, Adamo comunque decise di partecipare e quindi dovrebbe prendersela essenzialmente con sé stesso. Invece nell’aldilà dirige tutto il suo enorme rancore verso i Conti Guidi.
C’è da chiedersi quali siano i motivi di un tale risentimento. Verrebbe da ipotizzare che Maestro Adamo sia stato obbligato a produrre monete false. Nel suo racconto non vi è nulla che suffraghi questa ipotesi, è solo il suo enorme odio che induce a formulare una tale supposizione. Quel "io son per lor tra sì fatta famiglia", cioè per colpa loro (dei Conti), e quel "m’indussero a batter li fiorini", possono forse significare che Maestro Adamo non fu proprio libero nella sua scelta di partecipare al disegno criminoso? Che venne in qualche modo costretto, se non con la violenza fisica (di cui non vi è traccia), per lo meno con una coartazione di natura psicologica operata da potenti verso un povero tecnico? Sarà difficile trovare una risposta certa a queste domande.
Adamo comunque esprime un giudizio talmente negativo verso i Conti Guidi, che ci conduce inevitabilmente a porci degli interrogativi sul pensiero di Dante stesso, che fu loro ospite per ben due volte, nel 1307 e nel 1311. Viene da chiedersi allora per quali motivi l’Alighieri abbia voluto rappresentare in questo modo i suoi ospiti nella Commedia, lasciandone ai posteri un’immagine così negativa. Verrebbe da pensare che forse per Dante i soggiorni al Castello di Romena non fossero stati affatto gradevoli. Il motivo però potrebbe essere anche politico, con Dante che non avrebbe perdonato ai Conti Guidi il non aver appoggiato l’impresa dell’imperatore Arrigo VII, sulla quale invece il poeta aveva riposto grandi speranze.