LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Lite sulla chat prima del massacro. I giudici: no alla perizia psichiatrica. I messaggi dalla camera al divano

Gli ultimi istanti di Sara e Brunetta nel racconto in aula. Sui cellulari le frasi di una storia al capolinea. Il medico legale: "Un pugno in piena faccia, poi 23 coltellate". La famiglia: nessuna riconciliazione.

Lite sulla chat prima del massacro. I giudici: no alla perizia psichiatrica. I messaggi dalla camera al divano
Lite sulla chat prima del massacro. I giudici: no alla perizia psichiatrica. I messaggi dalla camera al divano

Su quella chat c’è la fine di una storia durata vent’anni. Lei dalla camera, lui dal divano: in mano stringono i cellulari e la crisi di una coppia che di lì a poco diventerà strage, massacro. Sara Ruschi scrive al compagno Jawad Hicham che la loro relazione è al capolinea. Pochi giorni prima era andata a chiedere consiglio su come riuscire a farlo uscire di casa e per denunciare il furto di accessi internet, password. Negli ultimi tempi lui non tollerava che avesse contatti con altre persone sulla chat del gioco di società nella quale si rifugiava, sopratutto la sera, dopo una giornata di lavoro che per lei iniziava all’alba. Sono i particolari messi a fuoco nel processo contro il trentottenne marocchino accusato di duplice omicidio volontario con l’aggravante dei legami di parentela (prossima udienza il 2 dicembre). Ha ucciso Sara, la madre dei suoi figli, un ragazzo di 17 anni e una bimba di 2. "Le ho uccise io", gridò la notte della mattanza (13 aprile scorso) ai poliziotti che lo trovarono sotto casa, in via Varchi, tra la cabina del telefono e il portone, col coltello in mano e gli abiti sporchi di sangue. I messaggi sulla chat entrano in aula e nelle schermaglie tra le parti. La difesa le cita per evidenziare come a scatenare la notte di follia, sia stato "un raptus", spiega l’avvocato Fiorella Bennati. A scatenarlo sarebbe stata una frase pesante scritta da Sara al compagno sul telefonino, negli ultimi istanti di vita insieme in quella casa al terzo piano del palazzo che affaccia su Porta San Lorentino.

Il pm Marco Dioni ci torna per ripetere che Jawad "era lucido", nessuna turba psichica. L’avvocato di parte civile Alessandra Panduri segue lo stesso filone e si oppone, così come Dioni, alla richiesta di perizia psichiatrica avanzata dal difensore dell’imputato. La corte, presieduta da Annamaria Loprete impiega un’ora per decidere e alla fine respinge la richiesta. Una decisione che, di fatto, potrebbe aprire la strada alla condanna più pesante che Jawad sa di rischiare: l’ergastolo.

L’ultima mossa della difesa nell’udienza attraversata dalla deposizione di quattro testimoni-chiave, corre sul filo della novità introdotta dalla riforma Cartabia e preceduta di qualche settimana dal biglietto che Hicham ha scritto dal carcere di Prato alla corte, manifestando pentimento e volontà di riparare, nel tentativo di riallacciare i fili del rapporto coi figli. L’avvocato Bennati chiede l’accesso alla giustizia riparativa (prevista nel percorso di riabilitazione), ma la famiglia è irremovibile. "Mai riconciliazione con chi ha tolto due persone preziose ai ragazzi. Vogliamo una giustizia giusta, Hicham deve scontare la sua pena che speriamo sia l’ergastolo. Noi andiamo dritti per la nostra strada. La figlia più piccola ha solo due anni e certo non si ricorda chi sia il padre", incalza Alessandro Ruschi, fratello di Sara che ha accolto nella sua casa i fratelli rimasti senza mamma e nonna. E lo dice mentre rivolge lo sguardo al figlio di Sara e Jawad che quella notte fu svegliato da Brunetta, già colpita a morte (tre fendenti fatali come ha ricostruito in aula il medico legale Mario Gabrielli che ha eseguito l’autopsia). È stato il ragazzo a chiudere il portoncino dopoché il padre era uscito di casa e a cercare di salvare la madre con il massaggio cardiaco imparato seguendo le serie tv. Lui ha visto la mattanza e dice: "Non è più mio padre, non lo è mai stato. Il suo biglietto di scuse? Carta straccia". E ieri è ancora lui a "rivivere" quella notte di sangue nelle parole di Gabrielli: "Ventitre coltellate su Sara, venitrè colpi sferrati in un amen".