Le tre F dell’economia e gli studenti. Repek racconta le trasformazioni

La scuola di formazione civica: la lectio del giornalista al liceo scientifico "Parlerò di persone che hanno fatto impresa anche per generare lavoro e per lo sviluppo del territorio".

"Arezzo e le tre fasi dell’economia locale", ne parlerà stamani il giornalista Claudio Repek ai ragazzi della 4A del liceo scientifico per la Scuola di formazione civica organizzata dall’associzione “Tra Tevere e Arno” del presidente Stefano Tenti.

Repek come affronterà il discorso?

"Proverò a parlare di persone, e non di fabbriche e numeri. Dopo un inquadramento generale, accennando al passaggio dall’agricoltura, all’industrializzazione, dalla crisi del manufatturiero, al consolidamento del terziario, ho scelto di raccontare questo periodo attraverso frasi di imprenditori e operai. Il tentativo è provare a spiegare le motivazioni per cui nel ’900 le persone lavoravano come imprenditori o come subordinati".

Quindi storie di Buitoni, Lebole, Soldini, UnoAerre?

"Sì, storie di persone che hanno fatto impresa per il lavoro, anche per il profitto certo, ma elemento chiave era generare lavoro e sentirsi parte di una comunità, per lo sviluppo del territorio. Questo atteggiamento generava una sorta di rapporto non formale tra dipendenti e imprenditori. Spesso anche amicizie".

Qualche voce dal passato?

"Ad esempio quella di Caterina Bianchi Lebole, nel ricordo della nipote Pilar. Nella sede di via Pietro da Cortona lavoravano 150 operaie e qui sono introdotte le prime macchine industriali per abiti da uomo, sperimentando la confezione di capospalla e pantaloni. Caterina controllava sempre le fasi del lavoro. Si preoccupava di tenere buoni rapporti con le operaie. Se una di loro era stanca, la faceva riposare e si preoccupava che mangiasse e bevesse il latte di mucca al fresco del retrobottega".

Un mondo diverso.

"Un’altra storia rispetto ad oggi. Quando il tema è soprattutto il profitto e il rapporto tra operai e titolare è ben diverso. Oggi i contratti sono brevi, spesso brevissimi. Un tempo era difficilmente pensabile in assenza di tecnologia. Allora un lavoratore era un investimento, con la sua formazione creavi una professionalità. Non a caso, nella seconda metà del ’900 i settori trainanti erano l’oro e l’abbigliamento; settori in cui gli operai avevano forti professionalità".

Niente numeri stamani?

"No, né numeri né dati scientifici. Provo a parlar agli studenti di persone e non di fabbriche e numeri. Porterò testimonianze".

Il primo progetto di educazione civica sta per terminare...

"È stato una soddisfazione per tutti. Conoscere il mondo dei giovani è interessante. Capisco che noi vecchi dobbiamo raccontare loro, ma se lo facessero a noi non sarebbe per niente male, mi incuriosiscono".