
Pigotte alla "Sartoria 8 marzo"
Arezzo 27 dicembre 2018 - Una ragazza è china sulla macchina da cucire. Sta facendo un orlo con filo bianco su fodera nera, sta imparando a cucire a macchina e quel filo bianco serve a vedere se l’impuntura è regolare e diritta. In vetrina sorridono le Pigotte, le bambole di stoffa che tante donne volontarie cuciono per l’Unicef. Non sono in vendita ma devono essere simbolicamente adottate: in cambio di 20 euro l’Unicef compra un kit per vaccinare i bambini nei paesi poveri. Da Arezzo ne partono un centinaio all’anno, un importante contributo per un bilancio dai grandi numeri visto che dal 1999 a oggi i bambini salvati nel mondo grazie a queste piccole bambole fatte a mano sono stati 800mila. Siamo nella “Sartoria 8 marzo”, aperta nove mesi fa, nel giorno della festa della donna, dall’Auser in via San Lorentino, la sartoria della solidarietà in cui danno una mano ex lavoratrici delle grandi aziende di confezioni aretine come Lebole e Cantarelli.
A controllare il lavoro e a insegnare i trucchi del mestiere alle ragazze straniere c’è Patrizia Scarpetti, una vita passata proprio alla Cantarelli, dai bottoni al ferro, una ‘pasionaria’ nel sindacato sia interno sia nella Cgil. Patrizia le ricorda ancora le grandi battaglie per migliorare le condizioni delle lavoratrici e le grandi conquiste come quel quarto d’ora stappato all’azienda per la pausa colazione. E ricorda con orgoglio “facevamo l’alta moda”. Difficile lasciarsi alle spalle tanta professionalità e così Patrizia si è messa di nuovo in gioco e insegna a cucire a ragazze che vogliono imparare un mestiere, integrarsi e diventare autonome. Ragazze individuate grazie alla collaborazione con Oxfam.
“Ma lo scopo dell’Auser - spiega il presidente Franco Mari - è anche aiutare le persone anziane a rimanere attive, a essere utili, a non restare sole e magari fare del bene. La nostra sartoria fa tutto questo. Aiutiamo gli anziani a fare quei lavoretti di riparazione sartoriale che non sono più in grado di fare. Qui possono ritrovarsi e lavorare direttamente nel laboratorio, perché il peggior male che si sia è la solitudine”.
Qui il lavoro non si paga, si lascia un’offerta. Per le bambole Pigotte invece l’Unicef ha stabilito la quota di 20 euro. “C’è un gran lavoro dietro - spiega ancora Franco Mari - molte donne le fanno a casa, tutto a mano, e per la sicurezza dei bambini non ci devono essere componenti che si possano staccare o essere pericolose, i volti o sono ricamati o sono disegnati con colori atossici. Per ogni bambola un bambino di un paese africano avrà un kit salvavita composto da vaccini, dosi di vitamina A, kit ostetrico per un parto sicuro, antibiotici e una zanzariera. Un grande lavoro di squadra che sta coinvolgono anche i ragazzi delle scuole di Foiano e di Pozzo della Chiana”. Ma l’Auser fa anche molto altro, in ospedale si occupa della consegna dei libri della biblioteca direttamente ai degenti in corsia, accompagna le persone anziane dal medico o dai parenti o al cimitero, organizza gite sociali “Investiamo tutto in solidarietà” e lancia un appello “La nostra casa è sempre aperta ma ha bisogno del sostegno degli altri per aiutare chi ha bisogno”.