Salvatore
Mannino
Il ritratto più bello, il più vero, il più commosso, glielo ha dedicato quello che lei chiamava il Signor Eusebio, pochi versi di struggente rievocazione: Bisogna risalire a quando era bambina E il caffelatte era un pugno di castagne secche Bisogna ricreare un padre piccolo e vecchio e le sue scarpinate per ritrovarle un po’ di vino dolce di vini lui non poteva berne nè dolci nè secchi perchè mancavano i soldi e c’era da nutrire i porcellini che lei portava al pascolo. Parole autentiche, uno scorcio di vita contadina col tratto di penna del più grande dei poeti italiani del ’900, ambientato nel cuore del Valdarno aretino, tra gli anni ’20 e ’30, quelli dell’infanzia di Gina Tiossi, la governante originaria di Cavriglia del Signor Eusebio. Che poi altri non era se non il premio Nobel alla letteratura del 1975, Eugenio Montale, un gigante della cultura italiana nel XX secolo, che pure a quella donna del popolo venuta in casa sua "a servizio" e diventata la guardiana della sua vita privata, la confidente delle gioie e dei dolori, il filtro fra lui e il mondo esterno, fu sempre profondamente legato. Non a caso, uno dei grandi critici letterari del ’900, Gianfranco Contini, scrisse proprio su La Nazione, in occasione della morte di Montale nel settembre 1981, avvenuta fra le braccia della fedele governante, che il terzo e ultimo periodo dell’arte montaliana, quello dopo il fragoroso esordio degli Ossi di Seppia e i versi della maturità nelle Occasioni e e La Bufera, era il "periodo della Gina". Basti dire che la poesia citata all’inizio è Il giorno dei morti, nel Quaderno di quattro anni del 1977, quasi in limine mortis.
Eppure, quando Gina Tiossi nasce il 6 settembre 1922, vigilia dell’avvento del fascismo, in località Lago, poco sopra Cavriglia, Montale, classe 1896, ha già scritto molti dei versi degli Ossi di Seppia, che saranno pubblicati nel 1925 da un editore molto particolare, Piero Gobetti, in procinto di soccombere alle bastonature squadristiche, ferreo antifascista come lo sarà sempre anche il poeta. Le vite di "Eusebio", una sorta di nome d’arte, e della governante, si svolgeranno in parallelo per altri vent’anni, prima di incontrarsi in piena guerra. Lei cresce povera, a castagne per colazione e senza il vino che la sua famiglia non può permettersi, pascolando maiali. Lui (genovese) attraversa il Regime frequentando gli ambienti letterari fiorentini fino a diventare direttore del Gabinetto Viesseux. Nelle stanze di una celebre rivista culturale dell’epoca, Solaria, incontra la scrittrice che gli diventerà compagna, Drusilla Tanzi, sorella della madre di Natalia Ginzburg. Ma la sua è una vita sentimentalmente irrequieta, perchè frequenta anche Irma Brandeis, la Clizia delle Occasioni, e incontra altre donne quali Annetta Degli Uberti, l’altra protagonista della Casa dei Doganieri. Più tardi si legherà a un’altra poetessa, Maria Luisa Spaziani, la Volpe nei versi montaliani che rievocano pure fantasmi come Dora Markus.
La giovanissima Gina, dalla sua campagna cavrigliese che fa pendant alle miniere di lignite, vero cuore dell’attività economica locale, nemmeno puà immaginare che un giorno anche lei avrà un posto di rilievo fra le donne montaliane. Tutto cambia nell’inverno 1944, in piena bufera bellica, quando la Tiossi ha 22 anni ed è pronta a cercarsi un lavoro in città. Il contatto glielo procura il medico del paese: c’è un intellettuale a Firenze che con la compagna cerca una domestica. Gina sale sul bus e si presenta al colloquio. Drusilla Tanzii sceglie proprio lei, che diventerà il suo alter ego fino alla morte nel 1963. Nel 1948 Montale si trasferisce a Milano, dove il Corriere della Sera lo assume come redattore. La ragazza cavrigliese accetta di seguirli. E quando Drusilla, la Mosca dei versi di Montale, le muore anche lei fra le braccia, si fa promettere che non abbandonerà mai il marito. Infatti Gina diventa una presenza irrinunciabile nella vita di Montale e nelle sue abitudini quotidiane. E’ lei a rimproverarlo se non è vestito a modo, è lei a curarne l’aspetto, è lei che decide chi può essere ammesso alla presenza del poeta. Figurarsi che quando a Montale viene chiesto di ospitare nella casa milanese di via Bigli una troupe televisiva coi suoi fili, lui rifiuta ironizzando: "Con tutto quel disordine, Gina si licenzierebbe subito".
Intanto, la fama montaliana cresce fino al Nobel. E indovinate chi lo accompagna a Stoccolma a ritirare il premio? Gina, naturalmente, avvistata in aereo con la permanente fresca di parrucchiera.Due anni dopo, i versi del Giorno dei morti, che colgono in un flash le antiche abitudini popolari della governante: La Gina ha acceso un candelotto per suoi morti.
Dopo la morte di lui, il 12 settembre, la Tiossi si ritira discretamente a Firenze, in un appartamento modesto. Montale le ha lasciato delle carte inedite, fra cui alcune poesie. Potrebbe diventare ricca vendendole, lei invece le dona nel 2004 al Fondo Manoscritti dell’università di Pavia. Diventeranno una pubblicazione postuma, in parte a lei dedicata, con versi che la ricordano ripetutamente. A Cavriglia, che pure da Firenze non è lontana, non tornerà più o quasi, come se il velo della nostalgia glielo impedisse: "Mi dicono - confesserà nel 2010 a Filippo Boni, ora vicesindaco e all’epoca corrispondente dal Valdarno de La Nazione - che la casa dove sono nata non esiste più, sono tornata qualche anno fa ma non ho riconosciuto quasi niente". Morirà il 28 giugno 2014, cent’anni dopo esatti l’attentato di Sarajevo che diede origine alla Grande Guerra, lasciando i funerali già pagati e la casa a un ente benefico. Per lei vale la targa in memoria di Bernardo Tanucci, il grande ministro settecentesco nato a Stia: "Lasciando di sè quasi povertà alla famiglia e molto nome alla storia". Oddio, più che storia è letteratura, affidata ai versi con cui, da Satura, la terza grande raccolta montaliana, alle poesie postume, Eusebio ha immortalato la Gina e il "candelotto per i suoi morti...che sono tanti e non vicini". Eh sì: è lontana Milano da Cavriglia, ma qualche volta c’è una Gina Tiossi ad avvicinarle.