
Instabilità dei mercati e oscillazione del prezzo dell’oro pesano sulle aziende
Mentre le luci di OroArezzo si accendono sulla città, dietro le vetrine si respira un clima di preoccupazione. Ne parla il presidente di Confartigianato Orafi, Luca Parrini.
Parrini, l’expo apre in un momento complicato. Come ci arrivate?
"Ci presentiamo col fiato sospeso, davvero. È una fiera che aspettiamo e che speriamo possa aiutarci. Abbiamo investito tanto, sia come aziende che come distretto, e ora ci auguriamo che OroArezzo sia la spinta per ripartire. Dopo Istanbul, dove i risultati non sono stati esaltanti, confidiamo che i buyer abbiano raccolto l’invito e vengano qui".
Cosa pesa di più su questo clima di incertezza?
"Siamo dentro quella che io chiamo ’la tempesta perfetta dell’oro’: quotazioni che oscillano continuamente, i dazi americani che incombono, le tensioni internazionali. È difficile lavorare così. Fare un ordine oggi per consegnare tra un mese significa prendersi un rischio enorme: nessuno sa come sarà il mercato globale fra quattro settimane. E quando c’è paura, tutti rallentano. La moda, la bigiotteria, l’oreficeria: tutti fermi a guardare".
Ma i numeri del settore non sembrano incoraggianti...
"Purtroppo no. I dati del World Gold Council parlano chiaro: nei primi tre mesi del 2025 c’è stato un calo del 21% della domanda mondiale di oreficeria. E parliamo di un settore dove l’80% della nostra produzione è export. È una mazzata. Stavolta la frenata è globale".
Ma è solo colpa dei dazi?
"No, anzi. Per assurdo sarebbe stato quasi meglio se i dazi li avessero messi subito. Almeno ci sarebbero regole chiare. Invece questi 90 giorni di attesa sono una spada di Damocle: non sai come muoverti. Intanto ci sono le guerre, l’instabilità politica, un contesto che non aiuta. Il nostro non è un bene essenziale, non è un prodotto di prima necessità: appena la gente ha paura, smette di comprare".
Cosa vi aspettate da OroArezzo?
"Speriamo sia una boccata d’ossigeno. Vicenza è stata una fiera eccezionale, poi è seguito un periodo difficile. Ci auguriamo che qui si possa ricominciare a respirare. Ognuno di noi si è costruito un proprio mercato, è sempre stata la nostra forza come distretto. Ma oggi il rallentamento non risparmia nessuno".
Quasi 400 espositori, di cui oltre 160 aretini: bel segnale?
"Sì, dimostra la voglia di esserci. L’85% delle aziende sono italiane, il resto arriva da Turchia e Spagna. È un’occasione per farci vedere, consolidare rapporti, testare il sentiment dei buyer. Ma sappiamo che sarà dura".
Che valore hanno gli eventi collaterali?
"Importantissimo. Domani la serata speciale nella sede della Fraternita, per accogliere buyer ed espositori. Domenica sera, il Premio Premiere negli spazi di Sugar".
C’è abbastanza coinvolgimento della città?
"Si può fare di più. OroArezzo è di tutti, non solo degli orafi. Sarebbe bello che la città si unisse ancora di più, che si organizzassero altri eventi, che ci fosse maggiore partecipazione. È un patrimonio comune. Più si lavora insieme, più benefici arrivano per tutti: alberghi, ristoranti, commercianti".