SILVIA
Cronaca

La sala delle monete (antiche) fantasma Ma ora il Museo archeologico vuole riaprirla

Una collezione unica: 2 mila pezzi, molti di origine etrusca, che testimonianza dell’esistenza di una zecca e di una fonderia

Silvia

Bardi

Immaginate di avere in tasca una moneta di 800 grammi. Di certo non serve a fare la spesa, magari ad acquistare una casa o un terreno. Le monete nell’antichità andavano in base al peso, non a caso ancora oggi si parla di "moneta pesante". Certo, ce n’erano anche di più leggere, dal bronzo all’argento fino all’oro. Ad Arezzo ne abbiamo maneggiata tanta fin dagli etruschi perché c’era la zecca, c’erano famiglie facoltose, c’era un florido commercio e c’erano fonderie. Una pagina di storia che potremmo raccontare e rivivere ogni giorno se solo il Museo Archeologico aprisse il suo scrigno, la sua "Sala del tesoro" rimasta chiusa da sempre, potremmo dire dall’apertura del 1937, e che racchiude una collezione di duemila pezzi, pregiatissimi, alcuni unici, tutti patrimonio di Fraternita, donate da collezionisti sin dall’Ottocento.

Quella sala, finora accessibile solo su richiesta da parte di appassionati o storici, va riaperta al pubblico. Ma prima va riallestita, resa fruibile e messa in sicurezza. Servono 45mila euro, fa sapere la direttrice del Museo archeologico Maria Gatto, trentamila li ha messi la Chimet, per gli altri 15 mila la direttrice si appella ai cittadini e all’art bonus ministeriale, una moderna agevolazione fiscale pensata per i moderni mecenati. Si può contribuire con una offerta oppure scegliere una moneta da adottare, o da regalare con dedica, e su tutte, al momento della esposizione, apparirà il nome di chi ha contribuito a riaprire il tesoro aretino.

Ma cosa c’è dentro? E’ il numismatico Fiorenzo Catalli, ex direttore del monetiere al Museo archeologico di Firenze, a fare da guida e ad aprire questo scrigno aretino. Lui che quelle monete le ha pesate, misurate, fotografate, catalogate in un volume in attesa di stampa. E così scopriamo che grazie alle collezioni Bacci, Rossi, De Giudici, Gamurrini e Guiducci abbiamo un patrimonio di duemila monete di cui trecento sono emissioni etrusche, e tra queste centotrenta appartengono alla preziosa serie "della ruota", 200 grammi l’una risalenti al III sec a.C. usate per grossi pagamenti. Nelle facce sono disegnate ancore, anfore, ruote di carro, tre lune, testa del Laure simbolo di sacrificio, tutte rinvenute in terra aretina testimonianza della tradizione metallurgica e dei contatti con Populonia. E soprattutto della presenza della zecca ad Arezzo.

C’è la rarissima moneta Hatria, 789 grammi di bronzo, di cui esistono solo un centinaio di esemplari in tutto il mondo, le più pesanti e le più antiche d’Italia, del III sec a.C. E questa aretina è un pezzo originale. Alcune copie vennero poi replicate nell’Ottocento. "La moneta a quei tempi raccontava la storia, le famiglie patrizie, le gesta epiche, gli eroi, i miti, i Cesari, le battaglie, le vittorie, sono la nostra storia a fumetti" fa notare Caletti. E in terra d’Arezzo, nel Museo che tanto rivorrebbe la sua Chimera, non poteva mancare la moneta con Bellerofonte, ma c’è anche la serie di monete fuse a Roma con le teste di Giano, Giove, Minerva, Apollo, Mercurio provenienti dal tempio di Giunone, con i numi tutelari, Ercole con il toro, i Dioscuri mitici figli di Zeus, la Lupa e i gemelli, le Gens, i fratelli Catanesi che salvano i genitori dall’eruzione dell’Etna, la moneta di Giulio Cesare con la biga e Venere, quella che raffigura il ratto delle Sabine, Pegaso il cavallo alato, Enea e Anchise, Ulisse con il cane Argo. E la serie dei Dodici tra cui Cesare Augusto, Tiberio, Caio Cesare Caligola, Claudio, Nerone.

Alle monete si è anche aggiunta la collezione del professore, storico, scrittore e appassionato aretino di numismatica Andrea Andanti che ha donato al Museo Archeologico la sua raccolta di pubblicazioni dedicate alla numismatica, quasi quattrocento pezzi tra riviste, cataloghi e monografie raccolte con passione: "Sono la testimonianza di quello che gli antenati avevano costruito per migliorare le conoscenze e sviluppare nuovi interessi, tramandati a noi. Potrebbe essere il primo nucleo di un gabinetto numismatico con fondo librario specializzato".

Il progetto della nuova sala è pronto, lo hanno realizzato Marco Tanganelli e Stefano Viti con gli studenti del Dipartimento di architettura dell’Università di Firenze che ci hanno lavorato durante la chiusura per Covid. Prevede la sala rivestita da una tela, le finestre oscurate, le nicchie per le collezioni più preziose e un archivio per quelle non esposte consultabile e con le monete visibili in entrambe le facce. Uno studio che ha valutato anche a vulnerabilità degli oggetti esposti in collaborazione con l’osservatorio sismologico che ha i suoi sensori proprio nei sotterranei del museo ha i suoi sensori, uno studio di gruppo che vuole accompagnare il futuro visitatore in un viaggio cronologico fra etruschi, romani, imperiali, miti.

Ma servono fondi. "Mi appello agli aretini che possono diventare mecenati utilizzando l’art bonus - lancia l’idea la direttrice Gatto - e che consente un credito di imposta, pari al 65% dell’importo donato, a chi fa erogazioni liberali a sostegno del nostro patrimonio culturale. Si può adottare anche una singola moneta a offerta libera. E il nome resterà nel museo". Anzi, ai posteri.