La "morsa" arancione: le regole non cambiano e scoppia la rabbia

Lunedì assemblea infuocata: "Non reggiamo altri 10 giorni". Il paradosso: se il giallo scatta il 20, sarà l’unico giorno di semilibertà prima della nuova stretta Sarà alleggerita?

Zona arancione: le domande più frequenti

Zona arancione: le domande più frequenti

Arezzo, 12 dicembre 2020 - Altri dieci giorni di purgatorio. Arriva alle dieci di sera il decreto del ministro della salute Roberto Speranza, che fra una settimana sarà protagonista on line al Forum Risk di Vasco Giannotti, ma ormai era scontato che la Toscana, a dispetto dei numeri del contagio, resterà arancione. Il che innesca subito la rabbia (durissima la reazione del direttore di Confcommercio Franco Marinoni) di negozi, baristi e ristoratori aretini, frastornati e attoniti dinanzi al balletto delle responsabilità.

Da una parte il governatore Giani che parlava di cifre da promozione dopo ventuno giorni da retrocessi, dall’altra il governo che finora non ha mai concesso deroghe, nè, salvo sorprese, sembra intenzionato a concederne stavolta: le regioni che escono dalla zona rossa devono restare in bilico per altri quindici giorni. Giani sperava di ridurre il termine, ma a Roma non ha convinto più di tanto.

Paradosso nel paradosso, la Toscana ha uno degli Rt (l’indice di trasmissione del virus) più bassi d’Italia ma non raggiunge il giallo appannaggio di consorelle in situazione sanitaria ben più critica. Il prezzo dell’incertezza lo pagano per primi bar e ristoranti, quelli che avrebbero da guadagnare con il semaforo giallo, perchè potrebbero finalmente riaprire a pranzo e non solo con l’asporto.

A tutti dà voce Federico Vestri, presidente dei ristoratori di Confcommercio: «Non si può lavorare in queste condizioni. Ci sono colleghi che avevano accettato prenotazioni per domenica e non sanno cosa fare, ce ne sono altri che hanno ordinato le scorte per i prossimi giorni e ora potrebbero trovarsi costretti a buttare via soldi e prodotti, ce ne sono infine che si sono trovati fino all’ultimo in dubbio, con i fornitori che accettavano gli ordini fino alle due del pomeriggio e loro non sapevano cosa sarebbe successo il giorno dopo».

E non è l’unica beffa di questo venerdì nel segno dell’incertezza. Se fosse confermata la zona arancione, la Toscana si troverebbe nella fascia più favorevole solo domenica prossima che è il 20 dicembre, con le restrizioni di Natale che scattano il 21. In pratica un solo giorno di semilibertà, anche per gli aretini, prima che scatti il nuovo giro di vite, del quale peraltro potrebbe arrivare una limatura.

E’ il famoso addolcimento dell’ultimo Dpcm Conte che tutti danno per quasi scontato ma di cui nessuno conosce gli alleggerimenti in programma, perchè a Roma è in pieno svolgimento la battaglia fra aperturisti e rigoristi. Potrebbe, dunque, limitarsi a eliminare le situazioni più paradossali, i comuni vicini come Capolona e Subbiano separati da un ponte insuperabile o Levane divisa in tre, consentire gli spostamenti solo tra comuni limitrofi, magari sotto i 5 mila abitanti (ma i controlli sarebbero un bel problema), oppure riaprire i confini fino al livello provinciale.

Ci guadagnerebbero, a parte le famiglie riunite a Natale, se tutti vivono in territorio aretino, anche i commercianti, che potrebbero contare per l’ultimo sprint di Natale su un bacino di clienti non più limitato ai residenti nel comune, i bar e i ristoranti che il 25, 26 e a Capodanno potrebbero ospitare clienti oltre al giro stretto di quanti vivono all’ombra del campanile.

Ai ristoratori, che per lunedì preparano un’infuocata assemblea nella sede di Confcommercio, ancora non basta: «Intanto non capiamo - spiega Vestri - perchè, se andiamo in zona gialla, il pranzo sia sicuro e consentito e la cena no. Non sono sempre le stesse misure di sicurezza negli stessi locali? E poi solo col pranzo molti (il 50 per cento, dice il presidente regionale Ndr) non ce la fanno e terranno comunque chiuso.

E’ una devastazione, la tragedia di un intero settore, perchè negozi sì e noi no?». Inutile dire, però, che gli altri commercianti non si sentono affatto privilegiati, anzi protestano pure loro. E’ la corsa a chi urla di più nel Natale del virus. Quello nel quale tutti, negozi e ristoranti, bar e cassintegrati, garantiti e non garantiti, saranno più poveri.