LAURA LUCENTE
Cronaca

"La mia fuga dall’Iran: combatto per i diritti"

Mina Azmoodeh è una giovane donna che da anni vive nel Cortonese: "Anch’io sono stata vittima di un’idea di religione obsoleta"

di Laura Lucente

L’eco per la morte di Mahsa Amini, la 22enne morta in Iran mentre era in custodia della polizia che l’aveva detenuta perché non portava il velo in modo appropriato, arriva tra le mura del centro storico di Cortona. Lo fa attraverso il volto di Mina Azmoodeh, giovane e battagliera trentenne iraniana che ha fatto di Cortona la sua casa ormai da qualche anno. "Percepisco profondamente la rabbia che scorre nel sangue del mio popolo, ma in particolare fra le donne che sono state le vittime di un pensiero obsoleto, primitivo, in cui il patriarcato sotto forma di religione, da ormai 44 anni ha creato forme estreme di violenza verso i diritti primari che un cittadino del mondo dovrebbe avere in un Paese civile".

Sabato mattina dalle ore 10 sarà in piazza della Repubblica per farsi portavoce del suo popolo. Mina è in Italia dal 2015. L’amore per l’Italia glielo ha trasmesso suo padre che negli anni ’70 ha vissuto qui 5 anni rimanendone affascinato. Così Mina, con i risparmi di una vita della famiglia, ha potuto prima frequentare la scuola italiana nella sua ambasciata e poi poter ottenere il suo visto per riuscire ad approdare in Italia. "Sono stata fortunata. Oggi con l’inflazione pari al 180% avrei dovuto far vendere alla mia famiglia la casa per potermi pagare il viaggio. Sarebbe stato impossibile". La sua infanzia è stata costellata di divieti per crescere secondo ciò che il regime imponeva. "Ci è stato inculcato sin dalle elementari il modo in cui deve apparire una donna. Per chi amava l’arte, come me, non esisteva possibilità di esprimersi. Non ho potuto danzare o cantare, o disegnare, lo facevo segretamente solo tra le 4 mura di casa". Mina, come tante ragazze della sua generazione, ha provato, fin dall’adolescenza, con tutte le sue forze ad alzare la testa e ribellarsi a tutto questo e ha continuato a farlo anche una volta arrivata in Italia anche attraverso la campagna #whitewednesday. "Nel momento in cui ho messo piede nell’aeroporto di Bologna, vedendomi con le braccia scoperte in pubblico, non potevo crederci. Nessuno mi stava guardando e giudicando. Parliamo di diritti primari e semplici che il mio Paese ci nega". In Iran, nella sua città natale Shiraz, ha lasciato anche una sorella che oggi insieme al marito sogna di raggiungere il Canada e poter creare solo lì una famiglia. Riuscire a parlare con lei è spesso impossibile, visto il blocco internet imposto dal regime. "Sono orgogliosa che oggi le giovani generazioni nel mio Paese abbiano la forza di protestare e scendere in piazza. Nel mio piccolo anche a Cortona, che mi ha accolto con così tanto calore, proverò a far sentire la mia voce".