C’è un filo che lega i punti e serve a disegnare il cammino dei clochard. Non c’è niente di definito nel girovagare di persone che vivono per strada e i luoghi, di volta in volta, diventano ripari per pochi giorni, non presidi fissi dove fermarsi. Tuttavia le tappe di questo cammino in città e in periferia sono mappate dal monitoraggio della polizia municipale e dagli operatori della rete socio-sanitaria che segue i clochard. Difficile stabilire un numero: l’unico dato riguarda una ventina di senzatetto che d’inverno trascorrono la notte nel dormitorio della Caritas. Per il resto, tutto è liquido come gli arrivi e le partenze.
Nell’ultimo anno i sopralluoghi della municipale nell’attività di controllo del territorio e sulla scorta delle segnalazioni che arrivano alla centrale operativa, individuano tre zone dove i senzatetto si ritrovano con maggiore frequenza: l’area ex Garbasso, quella dell’ex Lebole e l’area del mercato ortofrutticolo a Pescaiola. Al filo che lega i luoghi e le storie dei senzatetto, si aggiunge un’altra tappa: nella zona di Saione alcuni clochard si fermano per la notte o per un riparo provvisorio, in un palazzo con le pareti tinte di rosa, mai finito di costruire.
È tra quelle stanze incompiute che due o tre persone trascorrono le ore, sopratutto di notte.
In passato uno dei luoghi più battuti era l’edificio ex Konz, dove tra l’altro, a febbraio i vigili del fuoco sono intervenuti per domare un incendio, forse partito da un falò acceso per riscaldarsi. Dalla primavera ad ora, quella struttura vuota sembra rimasta ai margini della rotta dei clochard. Come pure il palazzo ex Enel, in via Petrarca, nel centro della città. Qui in passato la polizia municipale ha eseguito diversi sopralluoghi e segnalato la presenza di persone senza fissa dimora
Alla stazione, nel piazzale del dopolavoro ferroviario, almeno da un anno c’era una tenda tirata su da una persona che ci ha vissuto fino a pochi giorni fa, scegliendo uno slargo accanto alle macchine parcheggiate. Pochi metri quadrati, a ridosso dell’ex scalo merci, dove Zero ha disegnato un murales che colpisce allo stomaco. Ritrae un clochard che stende le mani sopra un falò acceso per difendersi dal freddo. Alla base della parete, proprio ai piedi delle fiamme disegnate dall’artista, sono stati collocati alcuni pezzi di carbone nero. Un’immagine viva.
Ieri quella tenda non c’era, il piccolo slargo era vuoto con la pioggia a riempire pozzanghere. Ma il murales resiste e racconta la storia di chi sceglie una vita randagia.
Lucia Bigozzi