
di Angela Baldi
"Vorrei dargli tutte le cose che abbiamo noi", "Vorrei portarli al parco", "Io vorrei abbracciarli". Sono alcuni dei pensieri dei bambini della scuola materna trascritti nei disegni e rivolti ad altri bambini, quelli colpiti dalla guerra in Ucraina. Ma come spiegare il conflitto ai piccolissimi? Con parole semplici e con la concretezza degli aiuti, quelli raccolti per le famiglie che ora sono in difficoltà. E’ partita infatti una colletta di beni di prima necessità alla scuola dell’infanzia Bianchini di Arezzo, presto estesa anche alle altre scuole Cif, il nido e la Pio XII.
"Una scelta nata per aiutare la popolazione colpita dalla guerra, ma anche per sviluppare nei bambini i valori di solidarietà e fratellanza tra popoli, obiettivi anche della nostra progettualità annuale - spiegano le maestra Cinzia Montagnoli, Simona Neri, Sara Corsi e Frida Andreoni - con i bambini di 3, 4 e 5 anni stiamo preparando uno scatolone per ogni stanza, da riempire con coperte, vestiti caldi, prodotti per l’igiene, pannoloni, cibo facile da conservare, pennarelli e album da colorare.
L’idea è nata dalla volontà di sentirsi utili e per aiutare i bambini nella comprensione di quello che possono aver carpito a casa su un argomento così delicato". "Non potevamo stare immobili e abbiamo cercato di fare la nostra parte entrando in contatto con Croce Rossa e Misericordia che hanno già attivato delle raccolte di aiuti per capire cosa serviva – dicono le maestre - Ci hanno chiesto vestiti pesanti e cibo pronto. Abbiamo organizzato scatoloni e pensato a quello che era più giusto dire ai bambini, che sono molto piccoli e vanno dai 3 ai 5 anni".
Le maestre si sono anche confrontate con uno dei babbi che di lavoro fa lo psicologo. "Abbiamo iniziato a spiegare ciò che sta succedendo ai bambini della sezione 3 anni, mostrando la carta geografica che abbiamo disegnato nei mesi scorsi e che fa parte del nostro progetto sull’interculturalità- spiegano - abbiamo indicato dove vivono i bambini dell’Ucraina e detto che c’è un popolo che ha bisticciato con un altro popolo.
Per questo motivo mamme e babbi sono scappati e hanno cercato di portare i loro bambini al sicuro, ma visto che sono andati via in fretta adesso hanno bisogno di tutto: dalla matita al cappotto caldo. I bambini si sono subito messi in moto con le domande".
C’è chi chiede: "Maestra posso portare il mio giubbotto?", "Io porto la pasta", "Io vorrei portare le mie scarpe di paillettes" dicono i più piccoli. "Abbiamo cercato di dare una parola a questi gesti di generosità e capito che si chiama fratellanza, il sentire gli altri bambini anche quelli che non si conoscono, come fratelli da aiutare. I bambini sono molto più elastici degli adulti e si sono subito attivati. Abbiamo spiegato che non importa che siano i loro vestiti più belli, servono quelli più caldi perché li fa freddo".
Un linguaggio diverso per ogni fascia d’età, tra i più grandi qualcuno ha già sentito a casa o in tv la parola guerra e c’è chi preoccupato chiede: "Maestra, queste persone verranno a litigare anche da noi?". "Gli abbiamo spiegato che anche gli adulti proprio come loro litigano e per questo molte famiglie sono dovute andare via. Ma che qui siamo al sicuro, per questo molti bambini arrivano. Abbiamo pensato di inserire dentro gli scatoloni anche i disegni fatti all’asilo proprio dai bambini".