
Padre Graziano in aula
Arezzo, 10 aprile 2019 - «Rispetto il popolo italiano, ma la giustizia ha leso i miei diritti». Padre Gratien Alabi scrive dal carcere di Rebibbia dove è stato rinchiuso la notte del 20 febbraio scorso, per scontare la pena di 25 anni per omicidio volontario e distruzione di cadavere. Il frate congolese è accusato di aver ucciso Guerrina Piscaglia, la casalinga scomparsa quasi 5 anni fa dal piccolo borgo toscano di Ca’ Raffaello. Alabi però continua a dire che non c’entra nulla e addirittura scrive una lettera per ‘denunciare’ la giustizia italiana. Lo ha fatto qualche settimana fa.
Un foglio bianco scritto a mano che ha poi consegnato ai suoi legali: frasi in corsivo con penna rossa, in un italiano un po’ sgrammaticato. La cui stesura è stata fatta di getto, dato che presenta anche delle piccole correzioni di ortografia. «Io sottoscritto Padre Graziano Alabi, dichiaro di non essere contro il popolo italiano – scrive – di non essere razzista contro gli italiani, ma che sono stati lesi i miei diritti di difesa nei tre gradi di giudizio. Quindi dico che la sentenza è stata razzista nei miei confronti. Ho avuto inoltre sempre tutte le testate giornalistiche contro, mi hanno fatto un processo mediatico senza prove, rendendomi colpevole».
Gratien continua a dichiararsi innocente. Ha incontrato i suoi avvocati Riziero Angeletti e Francesco Zacheo pochi giorni dopo il trasferimento a Rebibbia. E’ determinato ad andare avanti per chiedere giustizia alla Corte Europea. Gli avvocati stanno aspettando le motivazioni scritte della Suprema Corte per procedere con l’ennesima istanza.
«Dovrebbero arrivare speriamo prima di Pasqua - spiega Zacheo - o al massimo a fine mese. Sulla base di queste motivazioni inizieremo poi a lavorare sul ricorso alla Corte Europea. La lettera di Gratien è uno sfogo su quanto è successo. L’ho sentito via mail anche qualche giorno fa e sta bene. Continua a dire che non c’entra nulla in tutta questa storia e non vede l’ora di parlare nuovamente con noi. Lo andrò a trovare entro metà mese. Cercherò di capire se ci sono novità sulla vicenda. Questa condanna lo ha colpito emotivamente, ma non si arrende».
Nonostante il difficile impatto con il carcere, però, sembra che Alabi si sia adattato alla vita in cella. Ha fatto amicizia con altre 4 persone e con sé ha sempre Vangelo e Bibbia. Prega ogni giorno. Sembra anche che continui a celebrare messa: non si sa se nella cappella del carcere o solamente nella sua cella.