
Piano in azione nella vittoria contro la Bulgaria
Arezzo, 10 gennaio 2020 - Un incontro sotto rete. La rete del grande volley, quella che lo vede protagonista ormai da anni nei palazzetti di tutto il mondo. La rete del liceo classico, lanciata a intercettare storie di vita vere, quelle che abbiano un peso e un'importanza sulla vita dei ragazzi.
E' l'incontro un po' anomalo ma per questo intrigante di Matteo Piano con il vecchio Petrarca. Lui centrale della Nazionale italiana di pallavolo, è uno dei più forti pallavolisti italiani, attualmente gioca nella squadra Powervolley di Milano. In bacheca qualcosa come uno scudetto, due Coppe Italia, tre Supercoppe, due palloni d'oro, un argento olimpico e uno nella Coppa del Mondo, due bronzi nella World League, un argento ed un bronzo agli Europei.
Al suo fianco Cecilia Morini: non sa giocare a pallavolo ma è psicologa e psicoterapeuta, laureata in Psicologia Clinica all'Università La Sapienza di Roma, specializzata in Terapia Strategica ad Arezzo. E' anche psicologa dello sport e segue Matteo Piano dal 2014.
Insieme hanno scritto un libro, "Io, il centrale e i pensieri laterali". Lo presenteranno alle 11,30 nella sala vasariana, in piazza Grande, per gli studenti, e alle 16 (stessa sala) alla cittadinanza, con un incontro introdotto dalla preside Mariella Ristori. Davanti a tanti ragazzi, per una volta persi non dietro il greco o il latino ma ad una bella storia, che coniuga sport e speranza. Frutto di un lavoro di scavo comune
Che Matteo racconta così. «Penso a come tutto è nato. Da una richiesta d'aiuto, e quando stiamo male o quello che stiamo facendo non ci fa stare bene, non c'è nulla di cui vergognarsi nel chiedere aiuto. Dentro la parola aiuto è contenuta la parola cambiamento. Il percorso che ho fatto con Cecilia non mi ha reso invulnerabile dalla paura, dall'errore, dall'ansia, ma mi ha permesso di cambiare il modo in cui vivere determinate situazioni... Accettare le proprie fragilità richiede molto coraggio ed è l'unico modo per superare i nostri limiti. Come mi dice spesso Cecilia "bisogna coltivare l'imperfezione per continuare ad essere perfettibili"».
Obiettivo? «Il mio intento era raccontarmi attraverso le vittorie, la maglia azzurra, le medaglie, ma anche le paure, la competizione, gli interventi chirurgici, le volte in cui avrei voluto smettere, la famiglia e l'amicizia. Chi leggerà queste pagine scoprirà il Matteo atleta, ma anche e soprattutto Matteo, una persona che è arrivata ad acquisire forza, presenza e consapevolezza dopo aver imparato a essere benevolente con se stesso e accettato di poter essere fragile e vulnerabile".
Un'altra schiacciata, in fondo, di quelle che spiazzano la difesa e vanno a punto. Lì, sotto la rete del grande volley e del liceo classico