GLORIA PERUZZI
Cronaca

"In faccia tutta la polvere del mondo". La malattia nel pieno della vitae poi la risalita per tornare a galla

Paola Tellarolin dal vento tra i capelli in moto allo schianto dell’ictus. "Il mio cervello si stava sgretolando". Tenta di sgridare la gattina, si ritrova svuotata. L’amore riaccende la scintilla, il sogno di scrivere.

di Gloria Peruzzi

C’è stato un tempo per tutti in cui abbiamo sentito il mondo in tasca. Forti, invincibili. Ci siamo illusi di poter dominare ogni aspetto della vita. Tutto pare semplice, raggiungibile e gioioso, difficile concepire che qualcuno scompagini il nostro disegno. Lo descrive bene Paola Tellaroli, nata nel 1986 a Castiglion delle Stiviere (Mantova), nella memoria "Tutta la polvere del mondo in faccia": "Mi sentivo come ci si sente in motorino col vento tra i capelli e le mani alzate prima dello schianto".

Ictus ischemico cerebrale, eccolo lo schianto! "Il mio cervello, la mia roccaforte, si stava sgretolando di minuto in minuto senza che io me ne rendessi conto. Non sapevo cos’era ad impedirmi di parlare, ma di dolore non ne stavo provando e, per la mia stupida ingenuità, quello era il termometro della gravità di ogni malanno. Per mia fortuna gli altri chiamarono il 118". Paola sprofonda in uno stato di incoscienza nel momento più bello. Ha trent’anni, vive a Padova con un paio di amici e il suo ragazzo: "I sogni non la smettevano di avverarsi. Avevo il lavoro più entusiasmante possibile, assegnista in biostatistica, insegnavo all’università e una valanga di progetti strampalati".

Poi, d’improvviso, quel maledetto 14 febbraio 2017 ad anticipare lo ‘schianto’ è un gesto banalissimo, un graffio della sua gattina. Paola, vorrebbe sgridarla: "In quell’istante la mia lingua e le mie labbra si ribellarono e restarono immobili. Stranita, ma ingenuamente non preoccupata, decisi di far finta che nulla fosse accaduto. Mi abbassai per afferrare il computer, il braccio si mosse, ma la mano destra stette lì come un pezzo di legno, mi accorsi che anche la mia gamba destra stava scioperando". Un grumo di sangue si era depositato nel suo cervello provocando la paralisi della parte destra e impossibilità di comunicare. È l’amore a riaccendere la scintilla della vita: "Oggi posso dire che quel giorno iniziò ufficialmente la guarigione: il più lungo, impegnativo e corale della mia vita. Senza quei delfini non mi sarei mai salvata dall’alternativa dello stato vegetale. Gli amici unendosi mi hanno dato la forza". Il percorso di riabilitazione non scoraggia Paola, che i riprende in mano il suo diario: "Alla fine tu sei sempre stato l’unico modo che conosco per metabolizzare, recuperare i pezzi di me e cercare di ricomporli, per poi voltare pagina. Hai sempre funzionato, ma questa volta ti avviso che sara` tosta. A causa di quel coriandolo ci dovremo abituare ad una modalita` di incontro piu` asettica: niente piu` scarabocchi, linee tirate su parole poco convincenti e nessun disegnino".

L’ultima volta che vi aveva scritto era stato quando aveva visto avverarsi il suo sogno di bambina: "Vedere in libreria un libro con il mio nome in copertina". Quanto avrebbe desiderato confidare a lui, il suo amico più intimo, tanti altri sogni: "Quanto mi sarebbe piaciuto riuscire a impugnare una penna con la mano destra e tracciare segni sinuosi coi quali imprimere sui tuoi fogli quello che mi stava accadendo", scrive nel febbraio del 2022 a cinque anni esatti dallo "schianto". Solo qualche mese dopo, a ottobre, Paola termina il suo diario. È la vigilia di quel viaggio desiderato in Amazzonia: "L’antidoto migliore è e resterà sempre avere tutta la polvere del mondo in faccia".