L'ombra della droga sulla tragica morte della ciclista Ilaria Rinaldi

Nell'abitazione della donna trovate siringhe e un laccio emostatico

Ilaria Rinaldi

Ilaria Rinaldi

Gambassi Terme (Firenze), 4 aprile 2018 - La luce dei primi successi, il buio del doping, l’ombra della droga. La parabola di Ilaria Rinaldi, promessa non mantenuta del ciclismo toscano, assomiglia tanto a quella di Marco Pantani. Potrebbe essere un’overdose ad aver stroncato a soli 33 anni la vita dell’ex campionessa italiana di ciclocross under 23 trovata morta il giorno di Pasquetta nella sua abitazione a Pillo, in provincia di Firenze. In quella casa, infatti, i carabinieri hanno trovato siringhe e un laccio emostatico. E pure i resti di una sostanza che potrebbe essere eroina. Sarà l’autopsia, disposta dal pm Paolo Barlucchi, assieme agli esami tossicologici, a stabilire la verità. A dare l’allarme è stato il padre della ragazza, insospettito e spaventato dal silenzio della giovane che non rispondeva al telefono. Quando l’ha trovata a casa, l’uomo ha subito chiamato i soccorsi, ma per la ciclista, esanime sul pavimento, non c’era più niente da fare.

La Rinaldi non stava attraversando il periodo migliore della sua vita. Ma sembrava anche lontano quel 2007 che le aveva donato gioie con la conquista del titolo italiano nella sua categoria, a cui era seguita la squalifica per doping. Dopo una gara in Germania, la Rinaldi era stata infatti trovata positiva al testosterone e costretta per due anni a non correre più. Un po’ come il Pirata, ucciso dalla cocaina al culmine della depressione che si scatenò dopo la positività al giro d’Italia, anche per Ilaria il ciclismo era la sua vita. In ogni sua specialità. Era salita in sella da bambina, incoraggiata dal padre Domenico, suo primo tifoso e anima del ciclismo a Certaldo, che ora non trova pace insieme alla mamma e al fratello Yuri. A 12 anni ha iniziato a vincere, nel 2010 chiuse con il professionismo. Ma non aveva mai appeso la bici al chiodo. Anzi. Aveva continuato a correre e faticare nelle gare amatoriali collezionando successi anche con le sue ultime maglie, la Fanelli bike prima e lo Stefan Team di Porcari negli ultimi mesi. OCCHI AZZURRI, capelli biondi che svolazzavano fuori dal caschetto, la chiamavano la ‘principessa delle granfondo’ per le tante vittorie inanellate: ha vinto per due anni consecutivi il Giro del Granducato di Toscana, mentre fuori regione ha conquistato prestigiose prove come la 10 Colli, la Cunego, la Colnago e la Merckx. Nel 2012 dominò anche la mitica Charly Gaul, staccando allo sprint in salita colei che era considerata imbattibile, la belga Edith Van den Brande. Nel palmarès anche il campionato del Mondo Uisp 2011 e l’Europeo 2012.

Fino a poco tempo fa aveva lavorato nel negozio Fanelli Bike di Pontedera (Pisa). Sempre sorridente, solare, con la battuta pronta, ultimamente la biondina toscana – a detta di chi la conosceva bene – soffriva molto. Forse anche per una storia d’amore arrivata al capolinea. «Vorrei un giorno arrivare a qualcosa che veramente mi faccia dire ‘ne è valsa la pena’ – raccontava – Qualcosa che ripaghi, o almeno in parte, i sacrifici fatti in tutti questi anni. Per il futuro vorrei ritrovare un po’ di felicità e di tranquillità che negli ultimi anni è stata presente in modo molto saltuario». Tanti i messaggi e i pensieri lasciati sui social, da dove lei si era tolta pochi giorni fa disattivando il proprio profilo Facebook.

Stefano Brogioni

Irene Puccioni