SILVIA BARDI
Cronaca

Il rifugio per animali Agripunk rischia lo sfratto: appello per la raccolta fondi

Un'oasi ad Ambra dove prima c'era un allevamento intensivo di tacchini. Ettari di terreno e capannoni dove ora vivono liberi animali salvati dai macelli. Indietro con l'affitto i titolari convocati in tribunale il 2 agosto

Agripunk

Arezzo 30 luglio 2019 - Il  rifugio per animali Agripunk onlus di Ambra rischia lo sfratto. Dal 2015 Desirée Manzato e David Panchetti hanno trasfornato un ex allevamento intensivo di tacchini in una oasi per animali salvatri dai macelli, 26 ettari tra campi e capannoni in località l’Isola di cui venti a disposizione di centinaia di animali di ogni specie, una comunità agricola autogestita bio-vegan. Qui gli animali hanno tutti un nome e vivono liberi. Un rifugio nato dove una volta c’era un allevamento di migliaia di tacchini per la Amadori. Quando Desirée e David sono riusciti ad aprirli quei capannoni, centinaia di bestiole non avevano mai visto la luce del sole, erano tutti bianchi e molti non ce l’hanno fatta. In questi anni la famiglia è cresciuta e con l’aiuto di volontari e donatori l’attività è stata mandata avanti.

Ma il 2 agosto la Agripunk onlus dovrà presentarsi in tribunale con una intimazione di sfratto perché da un anno non riesce ad essere in pari con l’affitto con clausola di vendita. Ci sono contatti fra gli avvocati per problemi contabili e definire la cifra esatta, si parla di decine di migliaia di euro. Intanto sono state organizzate cene, concerti, feste, appelli su Facebook per raccogliere fondi. Inoltre le ferie sono alle porte e i legali, che erano stati convocati per l’udienza del 31 luglio, poi rinviata di due giorni, vanno in vacanza. Altro problema da risolvere. “Abbiamo inviato un bonifico di duemila euro ma erano per l'affitto di giugno dell'anno scorso - spiegano Desirée e David - stiamo valutando cosa fare. Di sicuro, comunque vada, gli animali non si separeranno da noi e da qui non ce ne andiamo, ci organizzeremo per pagare gli arretrati. Non possiamo permetterci che anni di lavori, miglioramenti, sacrifici vengano annullati. Non permetteremo che qui riapra un allevamento intensivo a base di antibiotici per condannati a morte. Non esiste un altro posto come questo. Resisteremo”.

Tante storie si incrociano in questi campi. Ci sono i coniglietti Jazz, Roger e Frank Galore, le conigliette Anita e Frid, la capretta Rocky, le muccone Io, Polz e Verdena, la bufala Matilde. C’è il torello Stella, nato libero dalla mamma esausta dai troppi parti strappata da un allevamento mantovano quando era un’altra volta incinta. C’è il torello Scilla, che ha conquistato tv e giornali gettandosi nello stretto Messina per scappare dal macello. Ci sono i volontari, persone che qui vengono ospitate. “Il nostro problema è che non siamo produttivi, qui gli animali non sono destinati al mercato alimentare, non abbiamo finanziamenti pubblici. Tanti problemi, poche risorse, il vero traguardo sarebbe che tutti gli allevamenti un giorno diventassero così, gestite da onlus che possano garantire la massima trasparenza”.