di Alberto Pierini
Ha già mandato a stirare lo smoking del nonno. Passano gli anni ma Matteo Bendinelli resta fedele a quell’abito che tiene nel suo armadio come un tesoro. Soprattutto per affetto ma un po’ perché è il suo portafortuna personale. Lo accompagna nella scalata al grande cinema: non può abbandonarlo ora che bussa alle porte del cielo.
Il cielo di Venezia, la Mostra più importante dell’anno, l’unica rivale credibile di Cannes nel mondo. E Matteo ci sarà. Ci sarà come curatore dei suoni, anzi sound designer, come oggi si dice. Ci sarà come in decine e decine di pellicole che ha curato negli anni. Ma stavolta con la soddisfazione di accompagnarla a ridosso del Leone d’Oro.
Matteo è nella squadra di "Enea", il nuovo film di Pietro Castellitto. "È una sorta di grande bruttezza ammantata di ipocrisia" lo ha definito il direttore del festival Alberto Barbera. In pratica riprendendo il filo dei "Predatori": e anche allora Matteo era con lui. Nella foto ricordo (qui sopra) con un altro Leone: allora vinto da Castellitto jr. per la sceneggiatura nella sezione Orizzonti. Ora si passa alla serie A, lì dove viaggiano i giganti.
L’annuncio è dell’altro ieri ma era annunciato: uno dei film più attesi, se non altro perché schiera Castellitto padre e figlio sullo stesso set, Pietro in regia e Sergio nel cast.
Come al solito Matteo fa squadra intanto con Gianluca Scarpa, direttore del montaggio e grande amico, insieme hanno attraversato più volte la laguna. Ma ora ha anche un suo team, tutto pancia in terra sul disegno sonoro del film. Filippo Barracco, Marco Ciorba e Gianni Pallotto. Gianni ha vinto un David per i suoni di "Ennio", lo straordinario documentario ricamato da Tornatore intorno al mito di Morricone.
Ma il curriculum di Matteo non è da meno, ha infilato pellicole che si sono guadagnate David, leoni e nastri d’argento. Era partito dalla "Grande bellezza" di Sorrentino, atterra, per dirla con Barbera, nella "grande bruttezza" di questo film. La storia di due amici border line, tra trasgressione, criminalità e un affetto reciproco che diventa il loro riscatto.
Storie nelle quali i suoni hanno un ruolo chiave e Matteo li estrae dal suo archivio infinito, costruito nello studio romano nel corso degli anni. Alimentato nel deserto della pandemia, arricchito di rumori pescati anche ad Arezzo ma che poi il cinema rende universali. Ne ha fatto la base di grandi successi televisivi, come il Commissario Schiavone con Marco Giallini. Ne ha fatto la trama delicatissima di documentari ad effetto, come la Pompei di Pappi Corsicato. Ora ne fa una scala verso Venezia.
Debutto nel concorso principale e anche nella Sala Grande, il tempio del Festival. Lì dove il cast ha di diritto le prime file della galleria, pronto per gli applausi ai titoli di coda. Lì dove anche Matteo troverà la sua poltrona di velluto rosso. Non da spettatore ma da protagonista. Dietro lo smoking che lo accompagna sempre e sempre lo riporta alle sue radici.