È un angolo di città per gente "invisibile". Un riparo dalla pioggia, un rifugio dove dormire, rannicchiati in una coperta sotto la tettoia dell’ex scalo merci. Oggi è un cantiere che la rete di recinzione rossa richiama all’occhio di passanti distratti. Ma a ben guardare, oltre quell’ostacolo di plastica, c’è una parete dove il racconto delle vite ai margini non muore. Un murales firmato "Zero", l’acronimo dell’artista, è la voce di chi ha scelto quel giaciglio di angoli umidi e spazi anonimi. Ritrae un clochard che tende le mani sopra un falò: una luce accesa nel buio di esistenze senza identità.
CronacaIl murales di Zero racconta i clochard