DORY D’ANZEO
Cronaca

"Il mio Argante, comico e tragico" Il Malato immaginario di Solfrizzi

Intervista all’attore che, domani e domenica, porterà in scena al teatro Petrarca il classico di Molière

di Dory d’Anzeo

Appuntamento al teatro Petrarca domani alle 21 e domenica alle 17 per "Il malato immaginario", un classico del teatro di Molière, nel quale Emilio Solfrizzi veste i panni di Argante, con la regia di Guglielmo Ferro. È un po’ un ritorno alle origini per questa commedia, perché il protagonista in scena restituirà al testo un aspetto tanto importante quanto spesso dimenticato: il rifiuto della propria esistenza. Spiega infatti Solfrizzi:

"Curiosamente, il ruolo di Argante è stato sempre appannaggio di attori in là con gli anni. Ferro, quando parlò del progetto, disse invece che sarebbe stato bello vedere un attore un po’ più giovane alle prese con questo personaggio. Un uomo ancora prestante, che suggerisce come effettivamente le malattie e le paturnie accusate dal protagonista siano frutto solamente della sua immaginazione".

E quindi qual è la vera paura del protagonista?

"Siamo tornati all’idea che Argante avesse più paura di vivere che non di morire. Quello che raccontiamo in scena è un personaggio in fuga, depresso. Sono in tanti quelli che, nel tentativo di preservare la vita, finiscono per non viverla. E non viverla ha un costo altissimo".

Cosa le piace di più del suo ruolo?

"Cominciamo col dire che Argante è un personaggio molto comico. Il bello della scrittura di un grandissimo autore come Molière è che riesce a raccontare la realtà attraverso la lente deformata della comicità. Molière quando ha scritto l’opera era già gravemente ammalato, ma non ha rinunciato a essere in scena, riuscendo a fare soltanto quattro repliche. In quest’opera ci racconta anche la sua situazione disperata, attraverso una risata".

Forse stava tentando di esorcizzare il suo stato ...

"Chissà, magari cosa stava cercando qualcosa, probabilmente sperava di essere guarito tramite la medicina, cercava risposte che non ha trovato. Forse anche lui, come Argante, era circondato di ciarlatani".

Le è stato difficile immedesimarsi in Argante?

"In realtà non ho dovuto fare nessun processo di immedesimazione, la scrittura è talmente servita che basta restituire le battute per quello che sono. Argante è un ruolo che mi si confà particolarmente, da anni cerco personaggi che siano insieme ironici e malinconici, più tridimensionali potremmo dire. Lo adoro perché pur essendo comico in maniera travolgente, si fa carico di raccontare una sofferenza, un malessere, nel quale credo si possano riconoscere in tanti".

Come vive il ritorno del teatro in presenza?

"Con un entusiasmo quasi infantile. Viviamo in un tempo che sta producendo tantissimi Argante, che rinunciano a vivere per paura di contrarre una malattia dalle quale abbiamo anche i mezzi per poterci difendere. Per me coloro che vengono a teatro, nonostante tutte le limitazioni, la mascherina da portare obbligatoriamente, sono degli eroi, la gratitudine nei loro confronti è moltiplicata. Allo stesso tempo sono anche timoroso".

A che proposito?

"Vorrei che l’esperienza a teatro fosse solo gioiosa e divertente, che non ci fosse nessun problema legato all’emergenza sanitaria"