Salvatore Mannino
Cronaca

Il maxi affare al nero: un milione di euro il guadagno nell'ultimo scandalo dell'oro

La stima è di un euro a grammo ma poi vanno considerati i costi di manodopera e grezzo. Una cinquantina di viaggi, almeno 15 chili per volta. (Foto da Teletruria)

La scoperta della Finanza

Arezzo, 16 aprile 2017 - In un anno di traffici non sono andati molto lontano da un guadagno lordo di un milione di euro. Su un giro d’affari di venticinque, quanti ne ha mobilitati la triangolazione di oro al nero Arezzo-Marsiglia-Algeria, con propaggini a Valenza Po, l’altra capitale del metallo prezioso, per il rifornimento di materia grezza e a Dubai per la destinazione finale.

Nei giorni di Pasqua, mentre gli avvocati stanno ancora valutando la possibilità di ricorrere al tribunale del Riesame (ma almeno la difesa del corriere algerino sembra poco propensa), è già tempo di conti sull’ennesimo contrabbando d’oro sgominato dalla Finanza, una riproposizione in dimensioni minori (ma neppure troppo) del modello organizzativo sperimentato con Fort Knox, il più colossale giro di lingotti clandestini che sia mai stato scoperto in questa città in cui pure il nero è una componente consolidata dell’industria dominante, quella dei gioielli appunto.

A tal proposito, le stime informali su quanto pesi l’illegale nel mercato dell’oro continuano a parlare di un 30 per cento prudenziale, anche se i protagonisti si difendono e dicono che nero non ce n’è più: c’era, è la spiegazione di alcune fra le fonti più autorevoli del mondo imprenditoriale, quando esisteva ancora un forte mercato interno sul quale era facile riciclare, ma ora che la produzione è quasi per intero destinata all’export di margini non ce ne sono più o quasi.

E il quasi non deve essere poi così irrilevante se può innervare un affare delle dimensioni di quello che ha portato in galera l’orafo Alessandro Riccarelli (ora ai domiciliari) e il corriere Ahmed Adam Djijelli, mentre se la sono cavata con la denuncia (sempre per riciclaggio e reati affini) un altro imprenditore, Dino Peruzzi, e un collega di Valenza, Luca Franco. Indagato un terzo orafo, ma è solo l’inizio: presto la stessa sorte dovrebbe toccare agli otto-dieci orafi che erano nel giro.

In gergo si chiama groupage: un piccolo drappello di orafi che facevano riferimento allo stesso collettore, Riccarelli, che poi scambiava i gioielli coi corrieri algerini: orecchini e catename contro contanti, almeno mezzo milione per volta. Di viaggi, nell’anno che il Gip Giampiero Borraccia stima come la durata del traffico, ce ne sono stati almeno una cinquantina. Il quantitativo di preziosi era di solito non inferiore ai 15 kg e non superiore ai 20, per non dare troppo nell’occhio, come invece era successo ai tempi di Fort Knox.

Ci vuole poco a fare i calcoli. Sono almeno 750 chili di gioielli passati di mano. L’ipotesi della Finanza è che il groupage fruttasse agli orafi un euro al grammo. Si arriva così a 750 mila euro, che possono diventare anche di più se i quantitativi salgono. Naturalmente, qui si parla di guadagno lordo, perchè a carico degli orafi, restavano costo della materia prima (e quindi dell’oro grezzo, nell’ultimo caso, quello del blitz, proveniente da Valenza) e della manodopera.

Il profitto netto, quindi, era molto più basso, ma erano pur sempre bei soldoni. In realtà, per almeno tre-quattro mesi, il traffico è rimasto nel mirino del nucleo di polizia tributaria della Finanza, per tramite di telefoni sotto controllo, intercettazioni ambientali, Gps installati sulle auto. Quanto è servito per farsi un’idea precisa del giro e andare alla fine a colpo sicuro, con i due blitz di venerdì e sabato scorso. Il primo a finire sotto sorveglianza è stato appunto Riccarelli, già coinvolto in Fort Knox e sfiorato dall’operazione Iberia che è costato il carcere in Spagna a Stefano Cherici, pure lui imputato di Fort Knox. Di là qualcuno uscirà con i patteggiamenti, ma solo per ripiombare pari pari in un’altra mega-inchiesta.