Alberto Pierini
Cronaca

Il Corso suona la "ritirata": addio ai negozi storici, su le catene

Dopo Banchelli (in arrivo al suo posto Parati?) rischio di altre chiusure: cresce il low cost, sale il peso dell'on line. Quei nomi forti del passato

Vie del centro

Arezzo, 2 agosto 2019 - Gli dei continuano a cadere giù dal monte dello shopping. E’ la ritirata dei negozi storici, nomi familiari e insieme di grandi famiglie che hanno scandito a lungo l’asse del grande passeggio. L’ultimo sipario è caduto su Banchelli, un vero timbro di qualità, anche se per fortuna manterrà dei presidi forti nel centro. E se a prenderne il posto, anche se ancora manca la conferma definitiva, dovrebbe essere Parati, un altro marchio dalle radici aretine, cresciuto anche oltre i nostri confini, un’altra bella storia commerciale pronta a scrivere nuove pagine.

Ma ci sono altri negozi storici che radio-Corso dà pencolanti o in pausa di riflessione. Una ritirata che trasforma lo shopping e non solo. Perché un po’ com’era successo a Firenze, a fare un passo indietro sono negozi dal dna rigorosamente locale, quanto di più lontano ci sia dai franchising o dalle catene. Catene che guadagnano terreno.

Aveva cominciato Zara, tra l’altro allora sancendo la chiusura di due insegne storiche come il Bar Cristallo e la Tabaccheria Scortecci, ma è un filone ormai inesauribile. E che conoscerà nuove tappe: come lo sbarco di Dan John, anche se al rallentatore rispetto alle previsioni, negli spazi nobili dell’ex Credito Italiano. MA SE TI guardi alle spalle c’è proprio un mondo che è cambiato.

Dalla prima chiusura di Simoncini in cima al Corso, una dinastia familiare proseguita con Artemia. E come dimenticare il congedo dalla Lebole, della quale Gina, la sorella di Mario e Giannetto, era quasi la depositaria di una storia non solo commerciale. E ancora Carlini, uno dei santuari della calzatura, che era di proprietà della madre di Patrizio Bertelli, o lo stesso Sir Robert, dal quale il timoniere dell’escalation di Prada aveva cominciato la sua incredibile avventura.

Ma l’elenco sarebbe ancora lungo: come il Morini, lì dove ora è cresciuto il bar, al crocevia dei regali di matrimonio, o Rinaldo. per andare alle Case del filo o del bottone. Imprese diverse ma tutte parte di uno stesso racconto, quello di una città che veniva da lontano e che era cresciuta in modo travolgente negli anni ’60 e ’70, tra l’altro proprio all’inizio del viaggio di Banchelli in fondo al Corso. Grandi famiglie, che ancora mantengono un’orma profonda nel paradiso shopping: i Donati, Maior, i Polci, Peloni, lo stesso Beppe Sugar e tanti altri.

Ma se una volta erano l’impronta digitale impressa sulle vetrine ora sono isole nell’oceano, o gli ultimi dei mohicani. In pochi anni si sono moltiplicate le presenze low cost, prima sul fronte dell’intimo, poi per l’arrivo delle grandi catene, da quelle che si fronteggiano a San Jacopo a Stradivarius a quelle che verranno.

E la trasformazione merceologica: perfino il cuore dello shopping è sempre più «mangia e bevi», pizze a taglio sono sorte anche nel lato che declina verso i Portici, oltre ad aver marcato a fuoco tutta la città alta.. Pasti veloci, quasi velocissimi, la cadenza dei grandi acquisti spesso persa per strada. Tra il grido di allarme delle categorie, perso nel frastuono di una civiltà che cambia. Proprio come la casa degli «dei» dello shopping.