Claudio
Santori
Cosimo Burali Forti è il massimo compositore aretino dell’Ottocento, autore non solo di numerose opere liriche, come era consuetudine nell’ambiente musicale nostrano, dominato dal teatro in musica, ma anche di una copiosa produzione di musica sacra e da camera, che lo rivela attento anche a quanto si faceva oltralpe. Un’apertura di mente che seppe trasmettere al figlio Cesare il quale, nato ad Arezzo il 13 agosto 1861, dopo aver conseguito il diploma di studi superiori nel Collegio Militare di Firenze, frequentò l’Università di Pisa laureandosi in matematica nel dicembre 1884, con una tesi di geometria su:Caratteristiche dei sistemi di coniche.
Pisa era allora uno dei più importanti centri della matematica italiana, con maestri come Ulisse Dini, Luigi Bianchi, Enrico Betti e Vito Volterra, nonché della fisica per la quale basterà ricordare Enrico Pacinotti (illustre docente ancorché non parente di Antonio, l’inventore della dinamo). La scuola pisana curava con particolare rigore l’analisi infinitesimale secondo i dettami dei più illustri maestri europei come Cantor e soprattutto Riemann che era amico personale del Betti dal quale fu anche invitato a tenere lezioni a Pisa. Il Burali Forti fu allievo e poi collaboratore di Ulisse Dini del quale aveva seguito con particolare profitto i corsi di analisi infinitesimale e analisi superiore, ma seguì anche le lezioni di meccanica razionale, meccanica celeste e fisica matematica tenute dal Betti, approfondendo tematiche di fisica matematica, di teoria dell’elasticità e di topologia negli iperspazi, partecipando a pieno titolo del fervore di studi scientifici caratterizzanti l’ateneo pisano alla luce dell’opera fondamentale del Dini di quella del Betti.
Pertanto, pur essendosi allontanato dopo la laurea dall’ambiente pisano, ne mantenne l’impronta dedicandosi principalmente per tutta la vita all’indagine logica sui fondamenti della matematica e alla relativa applicazione dei medesimi alla geometria e alla fisica matematica. Dopo i primi approcci con l’insegnamento, nel 1887 divenne, come vincitore di concorso, professore straordinario presso l’Accademia di Artiglieria e Genio di Torino, dove rimase fino alla morte avvenuta nell’Ospizio Mauriziano di Torino, il 21 gennaio 1931, con funerali per sua esplicita richiesta, non religiosi. La svolta nella sua attività di studioso avvenne nel 1887 quando nell’Accademia torinese entrò come docente ordinario il grande matematico Giuseppe Peano, quasi coetaneo essendo nato nel 1858, e già riconosciuto maestro per le sue originali ricerche di analisi, destinate a dar luogo ad una vera scuola.
Il Burali Forti si legò di profonda amicizia col Peano del quale divenne il principale collaboratore e addirittura assistente quando questi vinse la cattedra di calcolo infinitesimale all’Università di Torino: fu in questa veste che pubblicò, nel 1894 il suo primo lavoro di “Logica matematica”. In Germania proprio in quegli anni Georg Cantor aveva cominciato a diffondere le sue ricerche sulla teoria degli insiemi, tanto rivoluzionarie che sul momento vennero sostanzialmente respinta dalla comunità matematica e riuscirono a "sfondare" ben dieci anni più tardi, fra il 1895 e il 1897. Ma le tesi del Cantor non sfuggirono al Burali Forti che le approfondì con parecchi contributi critici di particolare acutezza ed efficacia, tanto è vero che proprio a lui spetta, come afferma Evandro Agazzi, "addirittura il merito storico di avere aperto la serie delle famose antinomie della teoria degli insiemi, cioè di aver mostrato la prima di un tipo particolare di contraddizioni alla cui comparsa si fa risalire l’inizio della cosiddetta ‘crisi dei fondamenti’, che tanto influì sugli sviluppi della logica matematica e, in genere, di tutta la matematica del sec. XX".
È il famoso cosiddetto “Paradosso del Burali Forti”, in realtà un’antinomia pubblicata nel 1897 col titolo: "Una questione sui numeri transfiniti" concernente la nozione di numero ordinale. Per gli esperti di cose matematiche vale la pena di riportare il nocciolo della storica affermazione dello studioso aretino: "Nella teoria cantoriana degli ordinali transfiniti si dimostra che ogni insieme di numeri ordinali è ben ordinato e che a tale buon ordinamento corrisponde un numero ordinale che è maggiore di ciascuno degli ordinali appartenenti a quell’insieme.
Si consideri ora l’insieme di tutti i numeri ordinali: in base al teorema suddetto, esso deve essere caratterizzato da un numero ordinale che è maggiore di tutti i possibili numeri ordinali, il che è contradittorio, perché anch’esso appartiene all’insieme di tutti gli ordinali". Pare che di questa antinomia si fosse accorto lo stesso Cantor, senza tuttavia pubblicarla: a farlo per primo è stato pertanto il nostro il cui lavoro sarebbe passato tuttavia quasi inosservato se nel 1903 non ne avesse dato notizia nientemeno che Bertrand Russell individuando un’altra antinomia, prima a sua volta di molte altre, il problema della cui eliminazione ha investito da allora la teoria degli insiemi e la “filosofia” stessa della matematica: Arezzo in prima fila anche in questo arduo e fascinosissimo campo.
Purtroppo la sua fedeltà assoluta alle teorie di Peano gli costò l’esclusione dalla libera docenza mettendolo per sempre fuori dall’università; molto pesò poi sulla sua credibilità l’avversione per la Teoria della relatività di Einstein: cose che ne fecero un grande isolato per tutta la vita. Oggi è tuttavia riconosciuta la validità della sua opera vettorialistica, tanto è vero che la sua “Logica matematica” è stata recentemente riproposta (2012) per le Edizioni della Normale di Pisa.