"Ho perso un occhio ma sono viva" In coma dopo un incidente, rinasce

La storia di Laura Capaccioli: ha subito 14 interventi e molti ricoveri. E’ una donna autonoma e lavora "Ho dovuto imparare a versare l’acqua nel bicchiere e allacciare le scarpe. Ne sono uscita più forte"

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di Lucia Bigozzi

I numeri sono il crinale tra il prima e il dopo. Trenta agosto 2006, Laura Capaccioli ha 31 anni e sta andando al lavoro. E’ al volante della sua auto, percorre la strada che collega Castelluccio a Castiglion Fibocchi. Lo scontro con un camion manda all’aria progetti, sogni, quotidianità di una giovane donna e la catapulta in due settimane di coma, sedici anni attraversati da quattordici interventi chirurgici, la perdita di un occhio, lunghi ricoveri in ospedale e istituti di riabilitazione. Tutto sottosopra.

Oggi ha 47 anni, ha dovuto ripartire da zero, imparare come si versa l’acqua nel bicchiere "perchè con un occhio solo non hai più il senso della profondità", come si allacciano le stringhe delle scarpe e come si ricuce la memoria. C’è voluto tutto questo tempo "per metabolizzare, capire che è successo realmente". Laura ha deciso di raccontare la sua storia "metterla nero su bianco, riordinarla nelle pagine di un libro" per testimoniare che "se vuoi, puoi. Anche nelle situazioni più difficili c’è una possibilità che devi cogliere e su quella lavorare per andare avanti". E’ stata Laura a decidere "di accogliere la proposta dei medici sull’asportazione dell’occhio sinistro. Nell’incidente era uscito dall’orbita oculare ed era fortemente compromesso. Ho accettato di perderlo perchè l’alternativa era restare con un occhio aperto e l’altro chiuso". Eppure a farle più male sono stati "gli occhi addosso di chi ti guarda come fossi un alieno".

A trentuno anni non è scontato ritrovarsi a fare i conti con "un corpo che non riconosci ma dentro al quale devi ritrovare un equilibrio. Pure senza l’occhio sinistro, ho capito che non avevo alternative. Mi sono detta: non sono ancora morta, devo reagire e trarre il meglio da ogni giorno, perchè ogni minuto di vita che passa, è un minuto di vita che non torna", dice Laura che ha ripreso in mano i suoi giorni, concluso "l’ultimo esame universitario rimasto, prima dell’incidente" e conseguito la seconda laurea in scienze dell’amministrazione dopo quella in lingue commerciali. Lavora in un’azienda ad Arezzo come interprete e traduttrice.

Non nasconde la "difficoltà di gestire una protesi oculare. Mi è costato tantissimo, ho dovuto imparare a vedere e fare le cose in un modo nuovo. Volevo continuare a curare il mio aspetto nonostante sette operazioni di maxillofacciale e a truccarmi. Ho imparato a farlo nonostante la protesi oculare". C’è un aspetto che ancora patisce: gli sguardi degli altri. "Per molto tempo la gente mi osservava con pietismo. Sentire gli occhi addosso che indagano, giudicano, è stato durissimo da affrontare e continuo a lavorarci sopra". Tuttavia, proprio nelle pieghe della sofferenza, Laura ha saputo ritrovare la sua femminilità.

Fino al giorno dell’incidente l’aveva condivisa con l’uomo con cui viveva da sette anni e mezzo, ma lui "una volta realizzato che ci sarebbero voluti molto tempo e pazienza per il mio recupero, se n’è andato". Un’altra prova per lei che non è mai stata sola e oggi vive la passione di un nuovo amore: "Ho avuto i genitori e i fratelli accanto, i nipoti, una famiglia che mi ha accompagnato in tutti questi anni. Mamma Anna è stata la mia forza. Sono stata un anno in una clinica a Correggio e lei ha mollato tutto per stare con me. Senza di lei non ce l’avrei fatta". E in un certo senso, è stata mamma Anna a sollecitarla nella nuova impresa: il libro dal titolo "Gli occhi addosso" sarà presentato a Subbiano il 22 gennaio (alle 16 al centro eventi). "Sono molto emozionata, non mi sembra vero", sorride Laura che tra i giorni più belli della rinascita indica la "festa per ringraziare le persone che mi hanno sostenuto e per celebrare la seconda laurea: c’erano oltre duecento persone, è stato bellissimo".