
I coinquilini Luca Monaldi e Luca Gombi vivevano in piazza dell’Unità a Bologna dove sono stati trovati morti. L’uomo accusato del delitto si trova in carcere a Madrid da dove si provlamo innocente
"Sono innocente. Con l’omicidio non c’entro niente". Dal carcere di Madrid dove è detenuto, Genaro Maffia ha la possibilità di chiamare la sorella Maria Teresa, che vive in Venezuela. Con lei, in attesa di parlare con il suo legale, ha raccontato la sua versione dei fatti: "Le vittime hanno avuto una lite feroce con due persone, arrivate da Perugia", avrebbe raccontato alla donna. Difeso dagli avvocati Alexandro Tirelli e Maria Valentina Miceli dello studio International Lawyers Associates, nei giorni scorsi Maffia sarebbe stato sentito, in videochiamata, dagli investigatori della Squadra Mobile bolognese. E sono anche stati effettuati, dalla polizia iberica, i primi accertamenti irripetibili. L’indagato per il duplice omicidio di Piazza dell’Unità, in cui sono stati massacrati a coltellate Luca Gombi, cinquant’anni, e il marito Luca Monaldi, 54, è stato sottoposto ad alcuni esami sanitari per verificare le ferite e i traumi che aveva al momento dell’arresto a Barcellona.
Ferite che potrebbero essere compatibili con una colluttazione avuta con la coppia che tentava disperatamente di difendersi dall’aggressione. In più, sono stati analizzati gli abiti che Maffia indossava, per verificare l’eventuale presenza di tracce di sangue. "Devo ancora avere modo di leggere gli atti – ha spiegato l’avvocato Tirelli –. Sono in contatto costante con la sorella di Genaro: una famiglia sconvolta. Nessuno riesce a credere che sia stato lui a fare una cosa simile. Da quello che ho avuto modo di apprendere il mio assistito è sempre stato una persona mite. È anche una persona istruita: in Venezuela era ingegnere civile. E ha una famiglia, a cui mandava i soldi che guadagnava lavorando in Italia".
Maffia, prima di arrivare a Bologna circa tre anni fa, avrebbe vissuto per un periodo anche in Perù. Per l’avvocato il movente ricostruito dagli inquirenti è "inverosimile. Le vittime avevano offerto 20.000 euro di buonuscita al mio assistito, non avrebbe avuto motivo di avere rancore con loro".
Per gli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dal pm Tommaso Pierini, il movente sarebbe legato invece proprio a questo forte rancore maturato nel tempo, dovuto a una convivenza sempre più complicata. Ma per chiarire esattamente cosa sia accaduto tra quelle quattro mura di Piazza dell’unità sarà necessario ascoltare la versione dell’indagato. I tempi per l’estradizione sono piuttosto lunghi: potrebbe volerci anche un mese perché la Spagna lo rimandi in Italia.