
Bernadette ha parlato davanti a Mattarella a nome dei ragazzi della World House
“Il gesto della mano sul cuore, mi ha fatto trepidare perchè è stato autentico, sincero. Sono africana e per noi i gesti vengono prima delle parole”. Quel gesto nel Mali riconduce al canto dell’inno nazionale. Un canto che si condivide, come qui a Rondine, si condivide il dolore e la speranza, la fatica e l’energia di ragazzi con le cicatrici della guera addosso. ragazzi coraggiosi perchè si mettono in gioco per rifiutare l’inganno del conflitto, lo schema del nemico sul quale si costruiscono muri di odio. Nel borgo alle porte della città i giovani sperimentano il “metodo” del dialogo, anche quando costa fatica, anche quando sembra impossibile. Un passo dopo l’altro, ma il primo è riconoscersi come persone. Si parte da qui, come sta facendo Bernadette. E come i ragazzi hanno spiegato al presidente Mattarella, in un incontro “familiare”, senza formalismi, lo descrive lei che sul palco dell’Arena di Janine ha raccontato la sua storia e consegnato al capo dello Stato il messaggio degli studenti internazionali. “Mi hanno indicato come portavoce perchè sono africana e perchè sono una donna. Viviamo il dramma dei femminicidi, se muore una donna in Africa è normale per gli occidentali, ma a Rondine le donne hanno voce e questo per me è già una rivoluzione”. La sua storia ha colpito il presidente della Repubblica che l’ha richiamata più volte nel suo intervento pubblico. E un riferimento c’è stato anche nell’incontro privato con i giovani della World House. È il passaggio più significativo per loro. “Al presidente della Repubblica abbiamo chiesto, in qualità di massimo rappresentante dell’Italia, l’impegno per il cessate il fuoco a Gaza e in Ucraina”, spiega Bernadette. E in quel messaggio, accorato, che Rondine ha rilanciato dall’Arena di Janine nelle parole del fondatore, Franco Vaccari, c’è qualcosa di più. “Era molto coinvolto dai nostri racconti, ha ascoltato e dialogato con noi che abbiamo vissuto la guerra sulla nostra pelle. Non c’era nulla di preparato, è stato un confronto molto bello, aperto, informale che ci è rimasto dentro perchè sono certa che il presidente Mattarella ha capito la nostra situazione e si darà da fare per tradurre in atti concreti, il nostro appello”. Già, perchè adesso i ragazzi di Rondine, attendono che quel compito assegnato porti frutto. “Ci siamo lasciati con una frase semplice ma carica di significato: ‘ci sentiamo’". Un saluto che apre a possibili nuovi incontri e rinsalda il legame con l’uomo del Quirinale.
Bernadette a Rondine ha imparato “a fare la pace con me stessa. Appartengo all’etnia Fulani e prima di venire qui mi vergognavo di dirlo perchè sono state diffuse fake news in base alle quali Fulani sono dipinti come i terroristi che hanno scatenato la guerra. È falso. Ma in quello schema per me la guerra era normale perchè ci sono cresciuta. Quando sono arrivata qui e mi hanno chiesto di scrivere la testimonianza, è stato il primo passo per capire che ero coinvolta nel conflitto. Ho pianto e ho capito che ho vissuto qualcosa di terribile. Oggi, sono fiera di dichiarare le mie radici, è motivo di orgoglio, non più una vergogna. È il dono più bello ricevuto da Rondine”.