Giù dalle stelle a colpi di pistola Concino, potente di Francia ucciso in una congiura E i suoi resti sparsi nel fiume

Valdarnese, accompagnò Maria dei Medici alle nozze con il re Enrico IV. Ne avrebbe sposato la dama, decapitata per stregoneria dopo la sua fine. Alla morte del sovrano accumulò cariche e per sette anni ebbe Parigi in pugno.

Giù dalle stelle a colpi di pistola  Concino, potente di Francia  ucciso in una congiura  E i suoi resti sparsi nel fiume

Giù dalle stelle a colpi di pistola Concino, potente di Francia ucciso in una congiura E i suoi resti sparsi nel fiume

Claudio Santori

Concino Concini ha una strada dedicata ad Arezzo: a Pescaiola, parte da via Pisacane, costeggia la linea ferroviaria Pratovecchio-Stia e per un tratto costeggia il Vingone. Perché tanto onore? Pur nato a Firenze nel 1569, la famiglia è di antichissima nobiltà (Contea della Penna) ed è originaria del Valdarno aretino, secondo alcuni di Terranuova (poi Terranuova Bracciolini) e secondo altri dell’Alpe di Catenaia, come attesta il blasone. Un blasone nel cui 2° e 3° quarto campeggiano due catene decussate d’argento, con il capo dell’Impero: i suoi esponenti risultano inseriti fra i principi del Sacro Romano Impero addirittura da Federico Barbarossa.

Dal 1610, data della morte del re Enrico IV (quello della celebre frase: Parigi val bene una messa), fino al 1617, anno in cui fu ucciso, Concino ebbe praticamente la Francia in pugno e ne condizionò l’immediato futuro. Ma andiamo con ordine.

La sua fortuna cominciò quando accompagnò Maria dei Medici in viaggio a Parigi per sposare Enrico IV e divenire così (dopo Caterina, moglie di Enrico II), la seconda Medici regina di Francia. Non tardò ad accorgersi che Maria era fortemente influenzata dalla sua dama di compagnia, la bella e astuta Leonora Dori, detta Galigai e cominciò a corteggiarla strettamente.

Era bello, spiritoso e colto (aveva studiato diritto a Pisa, pur senza conseguire la laurea) e la conquistò facilmente, sposandola nel 1601. Dio li fa e poi li accoppia, recita un detto popolare: i due cominciarono una carriera di speculazioni e intrighi che si sviluppò in maniera esponenziale dal 1610, quando Enrico IV venne assassinato e Maria divenne reggente per il figlio minorenne, il futuro re Luigi XIII.

Con l’aperto favore della regina, manovrata dalla moglie, Concino cominciò ad acquisire cariche su cariche, giungendo ad accumulare un immenso patrimonio in immobili, titoli e contanti. Raggiunse il culmine della potenza quando la moglie acquistò il marchesato d’Ancre per cui fu nominato Pari di Francia ed assunse il titolo di Maresciallo d’Ancre col quale rimase famoso. Disse scherzando al Duca di Guisa che essendo nato Conte della Penna, era diventato Marchese d’Inchiostro (encre, che si pronuncia come Ancre): il Duca gli rispose, serio, che ora gli mancava un Marchesato di Carta! Abilissimo cortigiano sulla scorta del celebre manuale del Castiglione, seppe accattivarsi il favore del sedicenne Luigi che lo gratificò della qualifica di "mon cousin" e gli fece da padrino al battesimo della figlia Camilla; dal futuro re ottenne anche un palazzo con giardino e accesso privato diretto al Louvre nonché il privilegio di usare la carrozza reale.

Ottenne importanti governatorati e il comando della fortezza di Amiens, poi sostituita con quella di Caens, giungendo a stipendiare un esercito personale di 6000 fanti e 800 cavalieri col quale promosse anche una campagna militare per conto e in nome del re. Entrò a gamba tesa nella politica reale facendo fuori alcuni ministri nominati da Enrico IV e rimpiazzandoli con tre uomini nuovi, fra i quali il giovane vescovo di Luçon, Armand du Plessis, nientemeno che il futuro cardinale Richelieu, che divenne Segretario di Stato ed avrebbe pesantemente condizionato la politica francese prima di Mazarino.

Al culmine della sua potenza, Concino commise però l’errore di favorire apertamente e con arroganza i toscani, a danno della nobiltà francese: cominciò a odiarlo e a muovergli contro il giovane, ma non sprovveduto Luigi. Nel 1616 corse voce che aveva fatto arrestare il popolarissimo Principe di Condé, all’odio dei nobili si aggiunse quello popolare, la plebaglia gli invase e devastò il palazzo!

Era ormai l’uomo più potente di Francia e reagì riempiendo di forche Parigi, ma il suo destino era segnato: il giovane Luigi, appena divenuto maggiorenne, esautorò la madre e la confinò nel castello di Blois, pilotando poi una congiura contro il Nostro, forte di Carlo d’Albert, duca di Luynes. Proprio da lui gli era stato raccomandato come maestro di caccia col falcone e tradì il suo protettore facendolo assassinare alla maniera mafiosa, a colpi di pistola mentre passeggiava nel porticato del Louvre. Era il 24 aprile 1617: bisognava levarlo di mezzo, arrestarlo sarebbe stato inutile, forte com’era del suo esercito privato! Fu sepolto di nascosto nottetempo nella chiesa di Saint Germain l’Auxerroise, ma il giorno dopo alcuni fanatici individuarono la tomba, prelevarono il cadavere, lo squartarono, lo bruciarono e ne gettarono i pezzi nella Senna.

Non andò meglio alla Galigai che, vedova e priva dell’appoggio della regina ormai ininfluente, fu arrestata e rinchiusa nella Bastiglia: accusata di stregoneria, dopo un processo farsa nel luglio dello stesso anno fu decapitata in Place de Grève e il suo cadavere fu arso sul rogo. La vicenda dei Concini dimostra la veridicità del famoso epigramma dell’Alfieri: “Chi troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente”.