
Martino Gianni
Arezzo, 21 giugno 2018 - Stavolta non andrà a pescare la sera della Giostra come ha fatto per anni dopo che, nel 2003, lasciò Porta Sant’Andrea. «Ma solo perché un amico che sarebbe dovuto venire con me a Giulianova ha un altro impegno...». Martino Gianni lo dice con quella voce sorniona di chi è sempre sul confine tra il serio e il faceto. Ma per una volta non scherza: «Sarò in piazza? No, macché: guarderò la Giostra in televisione con alcuni amici». Lo chiamavano il «Maradona della piazza», per dire quanto tempo è passato e quanto era considerato il fuoriclasse assoluto della lizza.
Tredici lance d’oro nel curriculum significa essere solo un gradino sotto i grandi vecchi Tripolino, Donatino e Arturo Vannozzi. Come Diego Armando che dribblava gli inglesi e appoggiava in rete, Giannimartino (tutto attaccato) dribblava gli specialisti del 4 e appoggiava sul 5. Una rivoluzione copernicana in appena 46 metri di terra battuta: il tiro della disperazione che diventa la strategia di Giostra, il 4 che faceva esplodere i quartieristi come un mortaretto e che oggi invece è accolto da applausi di circostanza. C’è poi la seconda vita, quella da allenatore, nove vittorie a Porta Santo Spirito in quindici edizioni, di cui tredici con Cicerchia-Scortecci. L’addio alla Colombina alla fine dello scorso anno, determinato anche da problemi di salute.
Gianni, partiamo dalle cose serie. Come sta? «Meglio, decisamente meglio, grazie. Ho anche evitato un intervento chirurgico. Mi sono reso conto che nonostante le soddisfazioni impagabili di questi anni non reggevo più lo stress della Giostra e che il fisico mi ha mandato alcuni segnali. Significa che fermarsi è stata la decisione giusta».
Non è un mistero che lei adesso collabori con Porta del Foro. Non la vedremo mai in piazza per i colori giallocremisi? «Lo dico chiaro: il mio è un addio definitivo al ruolo di allenatore. Con la dirigenza gialloblù mi sono lasciato bene e ho detto che non sarei andato in altri quartieri. Giancarlo Felici, insieme al figlio Roberto mi ha chiesto di fare il consulente: ho proposto Maurizio Orlandi, bravissimo con i cavalli. Ho visto anche un paio di allenamenti: sono sulla strada giusta».
Una volta diceva che tra Sant’Andrea e Santo Spirito aveva il 50% di possibilità di fare festa. Con San Lorentino arriva al 75%. Le piace vincere facile... «Sono sincero: credo e spero che vinca Porta Santo Spirito perché si tratta di un quartiere che se lo merita per il lavoro che ha fatto in questi anni, Gianmaria è l’uomo giusto per prendere il mio posto e mi pare lo stia già facendo. Ma se vincesse Porta del Foro, lo dico da aretino, sarebbe un bene per tutta la Giostra perché non si può giostrare in tre».
Abbiamo parlato di Colombina e Chimera. Intanto il suo Sant’Andrea scende in piazza con un debuttante. Che ne pensa? «Conosco Tommaso fin da piccolo, credo che abbia tutte le doti necessarie per emergere. Il quartiere non deve fare però l’errore che ha fatto con il Bricceca: mettere troppa pressione addosso a un giostratore non serve. Enrico Vedovini saprà di certo consigliarlo: è il più avanti di tutti, un giostratore perfetto».
Resta Porta Crucifera. Giostra di grandi cambiamenti... «Rauco e Vanneschi sono due esordienti in Giostra ma hanno molta esperienza, maturata anche in gare fuori Arezzo. Hanno un vantaggio: lavorato da tempo con Carlo Farsetti che li ha fatti crescere. Non mi piace, però, che si parli di Giostra di transizione. Si deve scendere in piazza per vincere. Sempre». Parola di Martino.