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"Gianni? Per noi Nini": Lucherini, gli anni aretini di Boncompagni. "Quel viaggio sfumato"

L'ex sindaco racconta la giovinezza del conduttore scomparso. "Dovevo andare anch'io in Svezia, poi rimasi a casa". "Lo avrei voluto per rilanciare il Centro Affari". "Da me insieme alla Carrà"

Luigi Lucherini

Arezzo, 18 aprile 2017 - «Da ragazzi lo chiamavamo Nini». Luigi Lucherini, l’ex sindaco di Arezzo, ricorda Gianni Boncompagni e quel gruppo di amici che negli anni del Dopoguerra sognava in grande. Lucherini, Boncompagni, Silvano Grandi, Franco Onali, Giorgio Venturini, Daniele Morini, Mauro Leoni, Emilio Vignali. Ricordi di un tempo che non c’è più e a cui oggi viene a mancare un altro pezzo di vita e di storia.

«Anch’io dovevo andare in Svezia con i primi avventurieri di quell’Arezzo là - racconta l’ingegnere - ma la mia famiglia si oppose, detti retta a babbo e mamma e la spedizione partì senza il sottoscritto». Un’avventura, appunto. «Partirono in autostop, lui, Giorgio Venturini, Emilio Vignali, ma imbarcarsi tutti in un’auto era un’impresa e così si dettero appuntamento alla stazione di Stoccolma».

Il guaio è che a Stoccolma di stazioni ce ne sono più d’una, «così arrivarono in ordine sparso e per ritrovarsi ci volle un sacco di tempo. Per Gianni fu la svolta, sapeva suonare la chitarra e grazie alla musica incontrò la ragazza che sarebbe diventata sua moglie, figlia di un personaggio della tv svedese». E così l’ex sindaco ci serve i primi passi di Boncompagni uomo della televisione, di più: l’uomo che cambierà la tv italiana.

Lucherini non perde negli anni la dimestichezza con Gianni: «Con Raffaella Carrà venne nel mio studio perché i due volevano acquistare un bellissimo casolare a Torrisi, nel Grossetano, e mi chiesero di ristrutturarlo. Mia figlia Chicca aveva tre anni e mezzo e la Raffa che mostrava l’ombelico era un mito anche per lei. Babbo, mi chiese, me la fai conoscere; così la portai con me alla Carrà le chiese: ma non hai freddo con l’ombelico scoperto».

di Sergio Rossi

Poi con il casolare nulla successe, «mancava l’acqua, bisognava scenedere a valle con le mezzine, e allora Gianni rinunciò». Nuovo contatto quando Lucherini è già sindaco: «Cercavo il modo di rilanciare il palaffari, pensai a Boncompagni che sarebbe stata la persona adatta per allestire spettacoli d’eccezione. Lui venne ad Arezzo, chiese un budget per avviare il progetto ma i vertici del Centro Affari dissero che non c’erano soldi. Un’altra occasione perduta».

Mauro Leoni, colonnello della Finanza in congedo, è un altro dei grandi amici aretini di Gianni. «Era rimasto uguale a se stesso, una persona dritta». Ma regala anche un aneddoto. «Era legato all’allora presidente della Repubblica Cossiga che voleva scoprire il computer. Siccome entrambi passavano le notti in bianco, Cossiga chiamava Boncompagni per farsi aiutare e Gianni, anche lui in difficoltà, chiamava me ad Arezzo. Io gli spiegavo come fare e lui a sua volta riferiva a Cossiga».

Singolare triangolazione di cui era ovviamente all’oscuro un altro amico, il pittore Franco Onali: «Ho conosciuto Gianni ad Arezzo, da ragazzo. Poi ci siano persi di vista, ma quando ho organizzato una mostra a Roma venne e portò tanta gente». Ironico e generoso: quando veniva ad Arezzo Boncompagni non mancava mai di portare fiori sulla tomba del suo fraterno amico Daniele Morini.