
di Federico D’Ascoli
"Un s’ha da fare". Gianfrancesco Gamurrini cammina con gli occhiali aviator e la barba incolta, con il cellulare in mano riprende lo sfondo del vulcano spento dell’isola di São Miguel, Azzorre. Parla come un bravo manzoniano in dialetto aretino: quello che "un s’ha da fare e un se farà" è il Saracino del 5 settembre.
L’ex vice sindaco lo dice più volte in un video autoprodotto durante il cammino. Spiega la sua posizione, nettamente contraria al ritorno in piazza Grande del Buratto dopo quasi due anni di attesa. Una scelta condivisa dai quartieri, dal Comune e dalla prefettura con una serie di limitazioni legate alla pandemia durante gli eventi ufficiali e le settimane dei quartieri.
Gamurrini ha in testa la Giostra anche sull’isola portoghese che consente di nuotare in un cratere diventato lago. L’anatema passa dal suo profilo Facebook ma l’inizio sembra tutt’altro che vulcanico: "Sono a fare una camminata e non voglio fare polemica...", si schermisce il titolare della delega alla Giostra nella prima giunta Ghinelli.
Ma poi sono scintille e lava: "Sapete che non ho peli sulla lingua. Datemi del purista, datemi dell’integralista ma quella di correre il 5 settembre è una scelta che non condivido minimamente" chiarisce immediatamente dopo.
Nel mirino di Gamurrini non finiscono le carriere in senso stretto, piazza Grande più spoglia: "Non mi preoccupano i tremila spettatori in meno, si può fare senza che la Giostra risulti snaturata – assicura – piuttosto mi chiedo cosa potrà succedere prima e soprattutto dopo la sfida al Buratto".
L’ex vice sindaco uscito dalla maggioranza dopo diversi scontri pubblici con il sindaco Ghinelli punta tutto sul concetto di festa che la manifestazione rischia di perdere: "Chi vince la lancia d’oro si vuole abbracciare, piangere, fare festa, prima in Duomo e poi al quartiere. Sarà un inferno – azzarda – perché tre Porte su quattro puntano al primo posto solitario. Mi chiedo come si può pensare di far rispettare le norme anti-Covid".
Per questo Gamurrini alza il tiro e durante la passeggiata tropicale si rivolge direttamente al prefetto Maddalena De Luca, dando per scontate le risposte di Ghinelli, Bertini e dei rettori che hanno scelto di provare a giostrare, nonostante tutto: "Non stiamo parlando di una partita di calcio in cui si sta in tribuna e poi si torna a casa alla fine dei novanta minuti – precisa – dopo il Saracino ci saranno migliaia di persone che vorranno ammirare e festeggiare la lancia d’oro. Qualcuno mi spiega come si fa?".
Domanda retorica con risposta perentoria: "È una sciocchezza e credo che chi ama la Giostra la pensi come me. Nei prossimi quindici giorni i numeri del Covid rischiano di crescere, possibile che scattino regole ancora più severe. Mi sento un po’ preso in giro, voi che ne pensate?" graffia ancora.
C’è spazio per sottolineare il cambio di rotta da quando Gamurrini non c’è più: "Lo scorso anno a settembre mi sono opposto a una Giostra che si voleva correre addirittura a porte chiuse: oggi, con i numeri del contagio sempre preoccupanti, non vedo come si possa scendere in piazza".
"Un se farà...", la sua profezia. Gli ultimi lapilli prima che il vulcano Gamurrini si spenga. Almeno fino al prossimo post.