"Fuggite fedeli": Pieve di Bagnoro allagata, grido del parroco alla Messa / FOTOTOUR

L'acqua spalanca il portone, il celebrante aiuta gli altri ad uscire. Poi l'onda d'acqua. Vescovo sul posto: "Riapriremo presto la chiesa". Il sindaco incontra i residenti

La Pieve allagata

La Pieve allagata

Arezzo, 28 luglio 2019 - «Correte fuori». Le acque spalancano il portone della Pieve antica come fosse il separè di Madama Butterfly. Un colpo secco, simile a quelli che in città hanno scosso tante famiglie. Sono da pochi minuti passate le 17, al Bagnoro c’è la Messa, gli orari sono quelli delle case sospese tra la campagna e la città. Sull’altare c’è don Giovacchino Dallara: era il vicario della Diocesi, abituato nei suo panni a risolvere i problemi.

Capisce al volo che è bene per un giorno interrompere la liturgia. Invita i fedeli a uscire, li aiuta, dà l’allarme. La Messa non è finita e nessuno se ne va in pace: però sono tutti salvi ed è quello che conta. E quando il Vescovo Riccardo Fontana si affaccia dalla spalletta ha un brivido, perfino lui. «Poteva essere una tragedia» commenta mentre si sporge sul lago che ormai circonda la chiesa. «Giovacchino ha avuto sangue freddo»: una carezza al suo vecchio vicario e insieme il primo piano di lavoro. «Per noi questa chiesa è fondamentale, è la più antica della diocesi: daremo precedenza assoluta ai lavori per ripulirla e riaprirla».

Una chiesa con i torrenti puntati alla tempia, qualche intervento ’è stato grazie al pressing di don Daniele Arezzini, il parroco, ma quelli risolutivi ancora no. Poco dopo sul ponticello che precede l’accesso alla chiesa arriva anche il sindaco Alessandro Ghinelli.

I residenti si stringono intorno, chiedono di essere protetti, lui li ascolta. Intanto però fanno ala tutti alla macchina della polizia e ai soccorritori che puntano una casa: c’è un’anziana in difficoltà, viene fatta salire al piano superiore. Bagnoro conferma più che mai suo «toponimo», somiglia ad un angolo di Polesine, a quelle scene con il grande fiume che si allarga nei campi. Intorno la mobilitazione è frenetica.

La protezione civile della Provincia distribuisce i mezzi e le destinazioni. Famiglie isolate a San Firenze, altre raggiunte con l’elicottero a Rigutino. La 71 e la 327 vengono a tratti chiuse. «Ma dobbiamo lottare per tenerle aperte – ci dice Carlo Fiordelli, uno dei responsabili del settore viabilità – sono strade da18mila auto al giorno, non le puoi sbarrare». A Olmo procedi su una corsia sola, a Vitiano la «71» resta a lungo chiusa. Alla Ripa un’auto rimane in bilico tra la strada e il fosso.

I pullman della Tiemme non ce la fanno a raggiungere Rigutino, alcuni mezzi restano fermi davanti a Unieuro. Ovunque a pesare è anche la scarsa manutenzione dei campi delle strade vicinali: i torrentelli che alimentano il «grande fiume» oltre ogni limite. L’acqua irrompe come una mazza sulle scale mobili: il presidente di Atam Bernardo Mennini le chiude, già oggi un sopralluogo, rischiano di dover subire u lungo stop.

Alla Cadorna si spengono tutti i rilevatori, una sbarra resta aperta fissa per non fare prigionieri. Salta il guado realizzato per i lavori sul Covole. problemi si incrociano a Brolio, all’Infernaccio, Castiglion Fiorentino sembra raggiungibile solo dalla Foce. Qualche piccola frana tenta di far traboccare il vaso della 71, ma la strada viene riaperta subito. Valtina e Sellina lasciano il letto e se ne vanno fuori dagli argini: lì, tra le pieghe del mini Polesine, tra gli anfratti del «grande fiume»