Export 2018: l'oro si rialza allo sprint dopo il crollo, la moda scivola

Il recupero consente di pareggiare i dati dell'anno prima. Trainano Hong Kong e gli Stati Uniti, sorpassata la Turchia. I tre distretti valgono 2,7 miliardi di export, un sesto della Toscana

Oro Arezzo è ripartito

Oro Arezzo è ripartito

Arezzo, 17 aprile 2019 - Mentre l’economia italiana sprofondava nella recessione (tecnica per ora), l’oro aretino è andato in controtendenza, recuperando in parte quello che aveva perso prima. Eh sì, l’ultimo trimestre del 2018 non è stato così negativo come ci si poteva aspettare alla luce della congiuntura nazionale. Parola del classico Rapporto Monitor sui distretti toscani curato da Banca Intesa. I gioielli made in Arezzo hanno riguadagnato nell’ultimo scorcio dell’anno (quello di Natale, tradizionalmente favorevole alla produzione) un 3,4 per cento di export (il terzo trimestre era stato una tragedia, con il meno 7), che consente di mantenere il settore in linea di galleggiamento.

Il 2018, infatti, si chiude a meno 0,8 per cento (ma questo già si sapeva dai numeri della Camera di Commercio) che, considerando il calo del prezzo della materia prima, significa un sostanziale pareggio. Quel che giunge abbastanza inatteso è appunto il colpo d’ala di fine anno, trainato soprattutto da due mercati, Hong Kong e Stati Uniti. Una ripresa che non riguarda gli altri due distretti aretini, quelli della pelletteria (Prada e le sorelle) e dell’abbigliamento, che accentuano nei tre mesi finali la flessione che ha caratterizzato l’intero 2018.

Chissà se sono rose, perchè il primo trimestre 2019 è ancora tutto da analizzare, sia per l’oro che per il resto, ma intanto è già significativo che l’anno vecchio non avesse il veleno nella coda.

Certo, tornando ai gioielli, il mercato più importante, quello di Dubai, resta una ferita aperta, con quasi cento milioni di export persi, da 591 a 499, ma è un crollo che si attutisce anch’esso a fine anno, con un meno 8 che dimezza il meno 15 complessivo. Una quota che gli orafi aretini recuperano parzialmente su Hong Kong (più 12 per cento nel quarto trimestre, sui livelli di crescita del secondo e nonostante la caduta del terzo) e negli States, che sono la vera sorpresa, scavalcando la Turchia (in crisi, si sente l’effetto Erdogan) quale terzo paese di sbocco dell’oro nostrano.

Il 17,8 di aumento del finale d’anno è davvero incoraggiante e in area Usa vanno classificati anche le impennate dell’export a Santo Domingo (più 12) e Panama (più 18), canali che poi confluiscono sugli States. In totale sono 310 milioni, che superano leggermente i 281 di Hong Kong e avvicinano gli Emirati. Evidentemente, per ora i dazi temuti di Trump non fanno paura.

La pelletteria di Prada & C. accusa invece il colpo della corsa folle all’export negli anni precedenti e anche della stagnazione globale che pesa sul lusso. Gli oltre 600 milioni di esportazioni del 2017 scendono a 450, mentre l’abbigliamento cala da 355 a 340 milioni. Brutto anno per la moda. Insieme i tre distretti aretini valgono ancora 2,7 miliardi di export, un sesto del totale toscano. La conferma che Arezzo resta una capitale della manifattura regionale.