
Ivana Ciabatti
Arezzo, 28 febbraio 2020 - «Il mondo ci sta isolando, ne pagheremo le conseguenze». Ivana Ciabatti, la donna d’oro dell’economia aretina, ascolta con interesse gli aneddoti aretini sulla psicosi da coronavirus che a lei in viaggio erano sfuggiti, ma il tono è decisamente preoccupato: «Nessuno può prevedere quanto durerà questa follia, ci aspettano ancora momenti pesanti e ho la brutta impressione che i danni economici alla fine saranno nettamente superiori a quelli per che sembrano prospettarsi per la salute».
La presidente nazionale di Federorafi è un’altra imprenditrice che ha un osservatorio assolutamente privilegiato: da un lato, come titolare di Italpreziosi, uno dei grandi produttori di oro da investimento, approfitta con la sua azienda della domanda di lingotti che schizza vertiginosamente dopo l’esplosione del virus e fa impazzire il prezzo del metallo prezioso, dall’altra, come rappresentante di categoria, deve dar voce a quel distretto dell’oro lavorato che invece soffre le schizofrenie della materia prima.
«Le banche centrali - spiega - sono le prime che stanno rafforzando le loro riserve, convertendo i dollari in oro. C’è poi il sistema creditizio che non può che assecondare la forte richiesta di oro come bene rifugio.
Succede sempre così in tempi di incertezza, figuriamoci con un mondo sempre più interconnesso, che sente la tempesta, e anche la psicosi, di questa epidemia, finora più urlata che reale, come ha spiegato bene la primaria dell’ospedale Sacco di Milano».
Non per niente Italpreziosi ha chiuso il 2019 (ma anche il 2018 era andato forte) col suo record di fatturato: 2,7 miliardi, appena un’incollatura sotto Chimet (oltre i tre miliardi). «Ma noi e loro siamo diversi: a Badia al Pino lavoraro sul recupero del metallo, noi abbiamo una filiera che va dalle miniere fino al lingotto».
L’altra faccia della medaglia sono le aziende del distretto dei gioielli più importante d’Europa, quelle che l’oro lo lavorano e ora fanno fatica a venderlo, a un prezzo vicino ai 50 euro. «Siamo ai massimi storici - ammette Ivana Ciabatti - ma non è tanto il livello raggiunto a pesare quanto la volatilità. I buyers in queste condizioni non comprano, preferiscono aspettare.
Le imprese rischiano di fermarsi per mancanza di commesse. C’è il pericolo della recessione, servono misure del governo per diluire le scadenze fiscali e quelle contributive. Serve un intervento sull’acceso al credito, col prestito d’uso che aumenta l’indebitamento reale, soprattutto delle piccole imprese, che hanno visto il prezzo salire di quasi il 20 per cento in due mesi».
Ma le paure della presidente di Federorafi sono ancora più globali, il timore è che la crisi da virus si rifletta sull’intera economia, che il Pil ceda, che rallenti l’intero sistema produttivo. «Se dura poco, gli effetti sono ancora riassorbili a breve, ma se va avanti così...Se le aziende si fermano, gli ammortizzatori sociali diventano uno scenario reale».
Intanto, anche Ivana Ciabatti sta preparando la propria fortezza anti-epidemia: «Abbiamo creato un’unità di crisi, stiamo rallentando i viaggi, ci stiamo attrezzando per il telelavoro da casa. Ma non mi arrendo. Io sono una combattente, ce la possiamo fare».